Una grande “villa romana” rinvenuta durante i lavori di allestimento
dell’impianto fotovoltaico di Colleferro
Nella programmazione degli interventi di archeologia preventiva, resisi
necessari per il progetto d’impianto di pannelli fotovoltaici nell’area compresa
tra la Via Palianese e L’A1 Milano Napoli, Nei mesi di Novembre 2010 e Agosto e
Ottobre 2011 è stata condotta un’indagine di scavo di due bacini archeologici
(saggi 2 e 4) nella zona compresa tra Via Fontana Barabba e Via Fontana degli
Angeli nel territorio del Comune di Colleferro, dove sono emersi rispettivamente
le fondazioni d un grande edificio quadrangolare e due sepolture ed i resti di
una grande “villa rustica”
Lo scavo ed il successivo ampliamento del saggio 2
ha portato alla parziale individuazione di una struttura muraria di forma
quadrangolare realizzata in blocchi parallelepipedi di tufo locale molto simile
al peperino (lapis albanus). Essa è conservata a livello di fondazione ed
evidenzia in più punti tracce del passaggio dell'aratro, probabile principale
causa di distruzione del manufatto. L'ampiezza della posa in opera, costante per
tutto l'edificio è pari a circa 60-65 cm ad eccezione del muro disposto a Nord
che presenta uno spessore superiore pari a 85 cm ca e misura 10,50 m. Il tratto
collocato a Est è lungo 10,40 m per uno spessore di 0,60 m ca.
Edificio a pianta rettangolare con murature a blocchi di
tufo
Sebbene l’interpretazione della funzione della
struttura sia azzardata alla luce della preliminarietà delle indagine ed a causa
della condizione dei resti emersi, è possibile, comunque valutando contesto di
collocazione dell'opera, sul fondo di un declivio collinare, a poche decine di
metri da un importante incrocio viario di due strade di epoca romana: l’odierna
Via Palianese ed il diverticolo di Via Fontana Barabba che conduce sino alla via
Labicana, non appare possibile una sua compatibilità con una struttura di tipo
abitativo; piuttosto, vista la posizione prossimale ad un quadrivio, una
identificazione con un luogo di culto (tempio, sacello, recinto sacro,
ecc.).
Nei pressi dell'angolo N-O
sono state rinvenute due sepolture, entrambe infantili, poste una accanto
all’altra. La prima in enchytrismos (sepoltura entro anfora) mentre la seconda,
a fossa con copertura di tegole. All’interno delle sepolture non è stato
recuperato alcun reperto osteologico.
A corredo della prima, posta in
prossimità dell’orlo dell’anfora, era una brocca, destinata forse alla ritualità
libatoria connessa alla sepoltura. Nella seconda sepoltura, invece, il corredo –
costituito da una piccola olla biansata con corpo globulare rastremato verso il
basso e con piede a disco – era collocato all’interno del recinto di
delimitazione della fossa costituito da piccoli blocchi di tufo giallo
irregolari e frammenti di laterizi. Entrambe le tombe s’inquadrano
cronologicamente tra il II ed il III sec. d.C.
Lo scavo del Saggio 4 ha portato
all’individuazione dei resti di un ampio complesso di cui appare certa
l’attribuzione funzionale rustico-residenziale, databile alla seconda metà del
II sec. a.C., mentre le fasi relative al suo abbandono si datano al VI
d.C.
La struttura sorge lungo il leggero declivio che dalla sommità di Colle
Pecoraro volge verso valle. È lambita da Via Fontana degli Angeli, un asse
viario che corre parallelo a Via Fontana Barabba e rappresenta una traversa di
Via Palianese.
La pianta della villa si sviluppa attorno a due grandi
cortili di forma quadrangolare affiancati l’uno all’altro; il più grande, posto
a Ovest, si sviluppa su una superficie di circa 900 mq (30 x 30 m) mentre il più
piccolo, a Est, si conserva per una lunghezza di 15 per una larghezza di 16,50
m.
La porzione meridionale è occupata da una serie di ambienti di forma
rettangolare irregolare. Oltre il cortile orientale si apre un ambiente di forma
rettangolare. Elemento attorno al quale si incardina la distribuzione
strutturale e funzionale della villa è certamente il lungo portico composto da
pilastri rettangolari e pseudocolonne che accomuna lo sviluppo planimetrico dei
due cortili.
Essi sono costruiti mediante l’impiego di blocchetti squadrati
allettati per testa e per taglio su più filari mediante l’impiego di abbondante
malta. Le pseudo colonne che trovano luogo nei due lati corti del pilastro
rettangolare sono realizzate con la stessa pietra, lavorata in modo da ottenere
tre spicchi di cerchio.
Oltre che nel portico, tali blocchetti sono impiegati
nella realizzazione di tre pilastri inglobati nelle strutture che compongono il
muro ortogonale al portico su cui si aprono gli ambienti della porzione
meridionale della villa nonché come blocchi angolari nella cisterna in opera
reticolata collocata all’estremità orientale dell’edificio.
Veduta generale dello scavo nell’area del portico
Il Cortile occidentale, si apre a Ovest della
villa, è pressoché quadrato, ha in comune con il cortile orientale il lungo
portico a pilastri. All’interno della sua area si trovava con ogni probabilità
la pars fructuaria dell’impianto, il luogo nel quale avveniva la lavorazione dei
prodotti del fondo circostante, in particolare vino, grano e olio, e lo
stoccaggio dei prodotti lavorati o semilavorati.
La porzione nordorientale è
caratterizzata dalla presenza di una piccola cisterna di forma rettangolare,
addossata a uno dei due setti murari residui di un ambiente collocato nella
porzione nordoccidentale del cortile. Le pareti sono foderate di malta mentre il
fondo è in cocciopesto
In prossimità della piccola cisterna rettangolare
sono state individuate numerose tracce di dolia effossa o murati, oltre a
numerose grappe in piombo connesse alle riparazioni. Tali elementi conducono a
ritenere che in quest’area fosse collocato il doliarium cantina della villa.
La porzione centromeridionale del cortile è caratterizzata da una serie di
istallazioni le quali, pur con grosse difficoltà di attribuzione specifica per
via del loro stato di conservazione non sempre diagnostico, posseggono degli
elementi in grado di orientale la determinazione funzionale.
È il caso
dell’area di forma irregolare, ricavata direttamente creando una depressione
artificiale sul piano di quota del terreno. La “fossa” così ricavata era colmata
da un butto di materiale molto eterogeneo: coppi, tegole, laterizi e ceramica,
con percentuali rilevanti di materiali attribuibili all’età tardoimperiale (IV-
VI sec. d.C.), sotto al quale si trovava un pozzo di forma rettangolare,
realizzato in opera vittata, caduto in disuso al momento del butto.
A poca
distanza dall’area fin qui descritta vi è un’altra istallazione costituita da
una sorta di cisterna circolare ipogea costruita mediante l’impiego di cubilia
disposti su file con andamento isolineare; le pareti non conservano tracce di
intonaco mentre il fondo è costituito da un piano in cocciopesto. Lo scavo della
struttura ha portato all’individuazione dei i resti di una fornace da cui
proviene un frammento di laterizio con bollo epigrafo mutilo che riporta la
seguente dicitura MMLF corrispondente probabilmente a: MARCI LICINIANI FRATES,
noti produttori di laterizi di questo territorio, nel I sec. d.C.
A pochi
metri di distanza di questa cisterna è stata individuata una piattaforma
circolare realizzata mediante l’impiego di scaglie di tufo irregolare poste in
opera senza l’impiego di malta. Sulla sua superficie i resti di un grosso bacino
a impasto chiaro-sabbioso, produzione tipica del di V a.C.
Sempre all’interno
del cortile occidentale nella sua porzione centro orientale prossima al portico
troviamo una serie di istallazioni non facilmente collocabili dal punto di vista
funzionale e strutturale.
Il cortile orientale era
invece sgombro da istallazioni produttive e rappresentava con ogni probabilità
una sorta di giardino domestico. Una successione di ambienti di forma
quadrangolare si sviluppava lungo l’asse E-O della villa, addossati al muro
meridionale. Gli ambienti costituivano la parte residenziale della villa,
adiacente a un’area aperta porticata di forma rettangolare che probabilmente
possedeva almeno un piano in elevato e che dava su una piccola aia.
Il
rifornimento idrico era garantito da una grossa cisterna in opera reticolata
alimentata da un canale sotterraneo connesso a una cisterna ipogea. Il fondo è
costituito da uno spesso strato di cocciopesto. Nella parete occidentale della
cisterna, all’incirca a 2,00 di profondità dal piano di calpestio attuale, è
visibile lo sbocco del canale di alimentazione della cisterna,
Un pozzo era
posizionato nella parte scoperta del cortile orientale mentre un altro, più
piccolo, era posto al vertice settentrionale del portico.
Nella parte
sudoccidentale un complesso sistema di condotte fognarie permetteva il deflusso
al di fuori della villa di tutte le acque di scarico che confluivano dal cortile
occidentale. La condotta fognaria, individuata mediante indagini effettuate con
il georadar, proseguiva al di fuori dello scavo in direzione S-E e N-O dove
probabilmente serviva altri ambienti della struttura non più conservati.
Dal
punto di vista strutturale, oltre a paramenti in opera reticolata vi sono tracce
di opera vittata, ad esempio nei resti di un pilastro rettangolare e nella
tecnica di costruzione del pozzo; alcuni nuclei di pavimentazione a mosaico in
tessere bianche e nere rinvenuti all’altezza di uno dei pilastri del portico ne
testimoniano l’impiego.
La villa subì diverse
modifiche strutturali. La più significativa è certamente quella occorsa al
portico costituito dai 7 pilastri e 14 pseudocolonne, il quale venne inglobato
in una struttura continua in bozze di tufo irregolare e reimpiego di cubilia,
che conserva tracce di intonaco dipinto in rosso.
Il panorama circostante,
caratterizzato da un piano collinare abbastanza dolce, con lievi variazioni
altimetriche e ricco d’acqua, rappresentava un paesaggio ideale per l’impianto
di ville rustiche destinate allo sfruttamento delle risorse del territorio. Non
a caso nelle immediate vicinanza sono segnalate almeno altre due strutture
tipologicamente simili a quella fin qui descritta.
Si tratta del sito n. 26
e del sito 36 della Carta Archeologica del Comune di Colleferro. Ciò lascia
supporre uno sfruttamento di tipo intensivo della un tempo fertile campagna
dell’ager signinus che lo scavo della villa contribuisce a inquadrare.
Lo
scavo ha visto una collaborazione tra l’ imprenditoria privata, impegnata nella
realizzazione del parco fotovoltaico ossia,della Flyren di Carlo Garuzzo e
dell’impresa spagnola Sunedison che hanno finanziato i lavori di scavo; della
Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio, del Comune di Colleferro, del
Museo Archeologico del Territorio Toleriense di Colleferro e della Soc.
Cooperativa Il Betilo, che ha condotto gli scavi. Sui cantieri hanno
materialmente lavorato gli archeologi Mauro Lo Castro ed Andreamario
Chiatroni.
I risultati sono stati presentati al IX incontro
di Studi “Lazio e Sabina”, organizzato dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici
del Lazio. nel mese di marzo 2012 e, nel mese di aprile, dal Dr. Mauro Lo
Castro, nell’ambito delle iniziative della XIV Settimana della Cultura, con la
presenza del Dr. Alessandro Betori della Soprintendenza ai Beni Archeologici del
Lazio, del Dr. Angelo Luttazzi, Direttore del Museo Archeologico del Territorio
Toleriense di Colleferro e della Dr.ssa Cinzia Sandroni Assessore alla Cultura
del Comune di Colleferro.
Alessandro Betori (Ispettore Soprintendenza Beni Archeologici del
Lazio)
Mauro Lo Castro (Soc. Cooperativa “Il Betilo”)
Angelo Luttazzi
(Museo Archeologico del Territorio“Toleriense”di Colleferro)
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