Danteide,
a cura di Claudia Di Fonzo (www.danteide.net)
Il sito dantesco a cura della Di Fonzo, propone, rielaborati e senza
note, una serie di saggi danteschi, già pubblicati dalla studiosa
in riviste specialistiche del settore, nel nuovo e accessibile formato
e-book in un percorso dal titolo Dante viaggiatore cibernetico e
enciclopedico portale: motivi, temi e percorsi della rete medioevale.
Nell’attesa di ampliare l’étalage dei testi e dei servizi
offerti all’ecumene degli esperti e dei meno esperti Danteide
offre una serie di saggi pubblicati dalla curatrice del portale a partire
dal 1996 in riviste come gli «Studi danteschi» e i «Quaderni
degli Studi Danteschi» (Firenze, Le Lettere), la «Rivista
di Letteratura europea» (Firenze-Zurigo, Cesati), «Studi (e
testi) italiani» (Roma), «Medioevo e Rinascimento» (Annuario
del Dipartimento di Studi sul Medioevo e il Rinascimento di Firenze) che
ripercorrono motivi, idee e leggende del mondo medioevale dantesco e del
suo Aldilà. Si tratta di una grande rete sulla quale viaggiavano
e si incontravano filosofi, teologi e artisti d'ogni genere, ciascuno
dei quali sfruttava a suo modo temi, motivi e melodie organizzando i materiali
in veri e propri portali (opere) di riferimento. Ai «copisti»
era affidato il compito creare mirrors, copie, dei testi più richiesti.
Tra questi la Commedia di Dante, a «vocazione enciclopedica» (formula
coniata da Z. G. Baranski), il celeberrimo portale italiano che ebbe più
di ottocentocinquanta mirrors diversi tra loro così come oggi nella
rete web un testo è continuamente instabile e variabile. (Su questo
concetto vedi l’e-book sulla Filologia dantesca).
Nel primo viaggio si segue l'evoluzione dell'immagine della scala nata
in ambito orientale e diffusasi poi in occidente fino a Dante con processo
metamorfico del motivo. L’immagine della scala, infatti, sebbene
di ascendenza orientale in quanto nata come esplicitamente connessa al
cielo in ambito ebraico biblico (Gn 28, 12) e in ambito siriano, pur di
lingua greca, (La Scala del Paradiso del Climaco) e più tardi nella
tradizione araba (Libro della Scala, testo arabo del VIII secolo), divenne
presto nell'Occidente cristiano emblema della purgazione dalle passioni
( le visioni tra il VI-XII secolo) allorché sempre più
si andava codificando la tipologia del terzo regno cioè a dire
il Purgatorio; per tramite della Regola di Benedetto, si diffuse poi nei
testi dei mistici vittorini, da Bernardo a Bonaventura. Dante ne diviene
il collettore mitopoietico.
Nel secondo percorso, in inglese, a partire dalla Leggenda del Purgatorio
di S. Patrizio, si insegue la nascita e evoluzione del Purgatorio fino
a giungere ai commentatori di Dante che per la leggenda ebbero come ipotesto
la versione riferita da Jacopo da Varagine non senza accennare ai successivi
sviluppi e occorrenze di questa rivoluzione dello spazio dell'Aldilà
e assumendo Dante come punto di passaggio nodale per l'immaginario collettivo
anche pittorico in relazione alla collocazione del Purgatorio tra cielo
e terra.
Nel terzo viaggio si tenta una approssimazione virtuale alla musica della
poesia di Dante ponendosi, con questo, nel dibattito circa il rapporto
tra musica e poesia e proponendo, almeno per Dante, l'ipotesi di una musica
nella poesia in quanto fictio retorica musicaque poita. Per questo soltanto
si potrebbe dire che la Commedia e le Rime parlano in multimedia sfiorando
i registri e le frequenze dell'animo proprie alla musica. La poesia in
sé stessa è musica e armonia, quella medesima armonia che
governa i cieli del Paradiso e di cui viviamo la suggestione con Berio
in Laborintus. Musica così dolce che pare quella che Tristano,
malato d'amore per Isotta, produceva allorché, giunto a Dublino,
si fece adagiare nella sua barchetta (in daz schiffelîn ) e la sua
arpa con lui ( sîne harpfen hiez) e rimase solo, (Tristan beleip
al eine dâ,) oscillando in qua e in là, (der swebete dâ
wâ unde wâ), con angoscia e affanno (mit jâmer und mit
sorgen), finché giunse il mattino (Gottfried von Strassburg vv.
7503-7505). La gente di Dublino scorse la barchetta senza guida e mandarono
qualcuno a verificare cosa accadesse. Erano dappresso quando udirono dal
vascelletto provenire un suono d’arpa dolce e gradito al loro cuore.
Ma breve fu la gioia poiché quel canto non veniva dal profondo
e il cuore non era dappresso (daz engie niht von grunde / daz herze dazn
was niht dermite): Tristano era malato e il suo canto era privo del suo
cuore, in esilio presso la sua donna. Dante similemente dichiara di essere
un che quando amor lo spira nota, cioè annota, e a quel modo che
ditta dentro, come viene dal cuore, va significando cioè a
dire scrivendo. Così facendo pone una equazione tra capacità
di scrivere e amore.
Nel quarto modulo il viaggio si svolge entro la tradizione di commento
antica e in particolare, in relazione al canto della Fortuna, tema carissimo
al Medioevo e non solo, entro quella che per più di quaranta anni
è stata definita la “l’ultima forma” dell'Ottimo
commento (1343 termine ante quem).
Nel quinto percorso è esemplare un episodio di critica dantesca.
Si tratta di quel giovane studioso che fece il nido negli interstizi delle
più antiche saghe, cercatore di fonti e indagatore di origini,
e che nel 1874 fece una serie di lezioni all'Accademia Scientifico-letteraria
di Milano con l'intento di tracciare una storia letteraria comparata del
motivo della discesa agli inferi. L’obiettivo? Quello di seguire
l'evoluzione dei motivi ricorrenti nella concezione dei greci e dei latini
e che si tramandarono agli uomini e alle donne del Medioevo e a Dante,
portale generativo straordinario e enciclopedico. Tra le righe di questa
storia anche un piccolo giallo che coinvolse Rajna, discepolo riverente
e D’Ancona, suo riverito maestro: quello della mancata pubblicazione
delle paginette, forse una storia di ordinaria piccineria che solo gli
occhi di un discepolo poteva voler comprendere.
Nessuno più di Cesare Segre ha saputo, con un titolo, dare la valenza
di questo Aldilà: un Fuori dal mondo ove possono accumularsi le
paure e le attese dell’uomo medioevale. Non è un caso che
nella Commedia, o meglio nell'Inferno, il maestro Brunetto Latini ammonisca
Dante e lo inviti a distinguersi dai suoi concittadini che sono sanza
legge e che non intendono, diceva Ciacco, i due giusti (Inf VI, giusti
son due e non vi sono intesi): il Diritto umano e la Giustizia. Da' loro
costumi fa che tu ti forbi dice Brunetto a Dante (Inf XV, 69); nel Purgatorio
Dante esprime all'amico Forese Donati il desiderio di escapismo e di liberazione
dalla corruzione della sua città e dalla trista ruina cui par disposta
(Purg XXIV, 81); ancora, nel canto di Cacciaguida, Dante manifesta il
profondo disagio esistenziale, la disistima maturata nei confronti della
compagnia «malvagia e scempia»: basi dell'inevitabile approdo
di Dante alla solitudine di cui l'etica è l'unica suggestione.
Così che nella esaltazione del «gran Lombardo» e poi
del suo successore Cangrande della Scala si celebra il valore di una struttura
politico-sociale che supera l'anarchia e l'interesse delle parti mos partium
et fationum e la poesia dell’Inferno e del Purgatorio coltivano
la fiducia e l'attesa di un "cinquecento dieci e cinque", di
un Veltro, in buona sostanza di un liberatore. Da questo disagio etico
e dall'esperienza dell'esilio nasce la Commedia come un fuori del mondo,
un altro mondo che contempla in se stesso quello reale e lo riorganizza
fino a giungere alla struttura virtuale di un paradiso al quale tendere
recuperata la rettitudine dell’arbitrio.
La speranza del poeta è delusa e si proietta in un mondo possibile,
un Aldilà sincronico dove pene e premi vengono ridistribuiti, dove
i vivi son già morti e i morti ritornano a vivere con le loro storie
esemplari nel bene e nel male, un mondo virtuale, enciclopedico e flessibile
simile a quello nel quale i navigatori cibernetici assumono una nuova
e rigenerante identità.
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