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Statuti cittadini e Statutencodices.

Statuto del comune di Perugia del 1279, testo edito da Severino Caprioli, con la collaborazione di A. Bartoli Langeli, C. Cardinali, A. Maiarelli, S. Merli, 2 voll., Perugia 1996 (Deputazione di Storia patria per l'Umbria. Fonti  per la storia dell'Umbria; 21).
Statutencodices des 13. Jahrhunderts als Zeugen pragmatischer Schriftlichkeit. Die Beispiele aus Como, Lodi, Novara, Pavia, Voghera, hrsg. v. H. Keller u. J. Busch, München 1991 (Münstersche Mittelalter-Schriften; 64).

Questi due lavori possono segnare i filoni esemplari di ricerca recente che ha forgiato chiavi per aprire il testo statutario a uno studio e a una edizione critica. Essi non sono contrapposti, né l'uno esclude necessariamente l'altro: il genere, a cui il tipo di testo che stiamo considerando appartiene, è complesso e per una sola porta - ma forse nemmeno per due - non vi si accede completamente.

Dal caso esemplare di una città - Perugia - è stata fondata un'ecdotica speciale per l'edizione degli statuti cittadini: ciò avviene in tre episodi critici fondamentali - S. Caprioli, Satura Lanx 16. Fine dello stemmatizzare. Struttura, fondamento, funzione degli stemmi, "Studi Senesi 91" (1981), pp. 402-416; Id., Una città nello specchio delle sue norme. Perugia milleduecentosettantanove, in "Congresso storico internazionale: Società e istituzioni dell'Italia comunale: l'esempio di Perugia (secoli XII-XIV)", Perugia 1988, pp. 367-445; Id., Per una convenzione sugli statuti, in "Bullettino dell'Istituto Storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano", 95 (1989), pp. 313-322 - che culminano appunto in "Statuto del comune di Perugia del 1279. Testo aperto" (Satura Lanx 16, op. cit., pp. 412-415), strato ed edizione stratigrafica (Per una convenzione sugli statuti, p. 318) sono concetti che approdano allo studio - oltreché all'edizione - del testo dello statuto, contemplato come programma annuale della città e sistema di norme  (e di norme su norme e di provvedimenti), vigente e osservato in quel dato anno.

In questo concetto di statuto le eccezioni alla periodicità regolare dell'apertura e 'riscrittura' del testo statutario sono considerate previste e disciplinate dallo stesso sistema di norme, con la formulazione di capitula ultrattivi e retroattivi, e capitula precisa: i primi dovrebbero travalicare l'annualità, in opposte direzioni, per la qualità dell'oggetto e il carattere durevole degli interessi perseguiti; i secondi, oltre ad essere ultrattivi, programmaticamente dovrebbero avere il potere di prevalere su ogni altra delibera contrastante esistente nella scrittura.

Dai casi esemplari di un territorio  - l'Italia settentrionale - giungono invece i tratti dei confini plausibili di un genere:  si tratta di un lungo lavoro di gruppo condotto sugli statuti di questa parte della penisola nell'ambito del progetto di ricerca www.uni-muenster.de/MittelalterSchriftlichkeit Träger, Felder, Formen pragmatischer Schriftlichkeit im Mittelalterdiretto presso l'Universitàdi Münster da Hagen Keller. I risultati sono riuniti in www.uni-muenster.de/Fruehmittelalter/Publikationen/mms/mms64.htm Stat utencodices, in www.uni-muenster.de/Fruehmittelalter/Publikationen/mms/mms70.htm Der Codex im Gebrauch,

e anche presentati in singoli saggi nei Frühmittelalterliche Studien.

Il 'genere' viene cercato piuttosto nel ricorrere di certi fenomeni della conservazione e della tradizione - rilevati per così dire al di fuori dell'enunciato del testo, verificatisi nonostante quello - e di problematiche inerenti alla reale vigenza dei testi e, conseguentemente, al loro valore di fonti storiche. Tutto ciò può; riassumersi nel concetto-guida di Statutencodex: non solo testo, non solo manoscritto ma 'materiale testimonio del testo'. Il codice degli statuti emerge allora come sistema della prassi per la scrittura di norme, che dà origine a una complessa unità tra forma e contenuto. Di questa unità non è il testo l'unico agente: il peso della materialità che il codice riversa sul sistema di norme portato assurge quasi a connotato di genere.

Ebbene, il riconoscimento di questo peso comporta finalmente la possibilità di sciogliere intorno a un complesso di particolari fenomeni il nodo della loro unica accettata, finora, definizione di semplici contraddizioni, spiegabili come errori ingenuità omissioni commessi dai copisti nell'interpretazione dei segni e delle indicazioni dei revisori, o nelle saldature dei brani: come accidenti della copia, insomma, lontani dall'esser peculiari d'alcunché, comuni e possibili in tutti i tempi e in tutte le operazioni di trasmissione scritta di lunghi testi; fenomeni in subordine alla lettura che finisce con l'essere sempre lineare per questo tipo di testi, fondamentalmente sempre considerati, alla fine, nei lavori storici che li utilizzano, coerenti e congruenti - salvo appunto le eccezioni ricordate sopra - nei percorsi previsti dal loro 'sistema'.

Alla luce di un esame approfondito della pratica della scrittura sui codici e della pratica dell'interpretazione e della lettura della norma scritta nella vita comunale, tali fenomeni risultano invece aspetti propri del profilo complesso del testo statutario, che al momento della revisione viene rielaborato sulla base di tutti i codici fino a quel momento in circolazione, ma non completamente: assai sovente solo nelle parti ritenute rilevanti al momento, qualche volta cancellando, ma ancor più spesso trasportando 'senza commento' testi interi di capitoli o consistenti brani non più vigenti al momento di quella revisione particolare - o già non più vigenti al momento della redazione del codice precedente - ma in sostanza 'neutri' (M. Blattmann, Über die 'Materialität' von Rechtstexten, in 'Frühmittelalterliche Studien', 22 (1994), p. 344). In forza della sua esistenza materiale nella scrittura un testo giuridico non aggiornato può certo rappresentare una minaccia alla sicurezza giuridica: di qui, l'esigenza della riscrittura delle norme. Ma la materialità agisce, e con pari forza, anche in un senso opposto, conferendo alla norma scritta in quel contesto un peso materiale continuo anche quando il peso giuridico è stato perduto. La materialità contribuisce a creare una prassi redazionale tale, da richiedere non di rado al lettore contemporaneo del codice vigente l'esercizio ordinario, e naturale, della capacità di discernimento e di confronto con la realtà politica che vive.

In altre parole, e modulando questo dato sui concetti fin qui presentati, il lettore contemporaneo è anch'egli agente di strato: di uno strato però che necessariamente ci sfugge, perché non rilevato dal testo. Inoltre, e soprattutto, la sovrapponibilità di identici capitoli in successivi statuti non ha sul piano teoretico soltanto il significato semplice di una tautologia. Sviluppando ulteriormente il tema, va da sé che l'accertata esistenza in alcuni casi del peso della 'materialità' sul testo impone delle riflessioni conseguenti sul singolo statuto come fonte storica. Non è un testo consequenziale, innanzitutto, e al suo interno l'esistenza scritta, non immediatemente contradditoria, di una norma può in teoria non significare per sé sola la vigenza o l'aderenza reale di quella norma alla data accertata o presunta della redazione del codice che la trasporta. Esso non è un testo a lettura lineare, neppure ipotizzandolo nella più ottimale, e del tutto ideale, condizione di testo a tradizione unitaria scandito in una serie di strati contigui, il cui discernimento, come abbiamo visto, viene pensato come realizzabile essendo il presupposto di una ecdotica: perché alla positiva operazione critico-testuale deve accompagnarsi la consapevolezza che sul piano storico-critico il discernimento di 'strati' è operazione più complessa, per assunto impossibile nella totale sicurezza; anche un solo caso accertato fra gli statuti rimasti dell'Italia comunale basta a scardinare dal concetto di strato - così come finora è inteso (Per una convenzione sugli statuti, p. 318) - la corrispondenza biunivoca postulata fra testo e cronologia del suo portatore da una parte, e vigenza del contenuto e sua aderenza alla realtà, dall'altra .

In conclusione, veramente la genesi di un testo aperto, come è il testo statutario, coincide con la sua tradizione (Satura Lanx 16, pp. 412-415). Ma nel concetto di tradizione deve entrare d'ordinario anche tutto il peso della materialità dei testimoni. L'esistenza di una serie di strati fondata sui puri testi può essere, difatti, soltanto apparente.

Antonella Ghignoli

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