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Visigoti e longobardi a confronto

Il 28 e 29 aprile scorsi è stato organizzato a Roma un convegno dal titolo "Visigoti e Longobardi: fisionomia della cultura romano-barbarica in Spagna e in Italia", organizzato dal Dipartimento di Storia medievale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università "La Sapienza" di Roma in collaborazione con la Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma (CSIC).

L’ordine degli interventi ha seguito una divisione per tematiche: l’insediamento, la cultura materiale, la regalità (funzioni e attribuzioni), la moneta, la legislazione, la cultura grafica e la cultura artistica. L’ampio spettro di argomenti trattati ha permesso di ottenere, al termine delle due giornate di lavoro, una visione d’insieme delle due culture romano-barbariche prese in esame, rendendo possibili una prima serie di analisi e confronti che si auspica verranno ulteriormente approfonditi in un secondo convegno dallo stesso titolo, che il prossimo anno riprenderà i lavori lasciati in sospeso da questo primo incontro.

Da un punto di vista prettamente archeologico, le relazioni più interessanti sono state sicuramente quelle appartenenti alla sezione dedicata all’insediamento.

La prima relazione è stata quella del prof. L.Caballero, durante la quale si è posta in dubbio la possibilità di identificare un’architettura propriamente visigota. Questa infatti viene tradizionalmente datata dalla storiografia dal VI-VII al X secolo, mentre per il relatore il mutamento è più tardo, successivo all’invasione islamica del 711. Secondo il prof. Caballero in epoca visigota vi è una sostanziale continuità con l’architettura paleocristiana, con costruzioni in pietra o in tufo che si impostano generalmente su strutture romane preesistenti. E’ seguito poi l’intervento del prof. S.Gelichi, il quale si occupa dell’insediamento longobardo nell’Italia settentrionale. Questi ha basato la sua relazione sui dati desunti dagli studi della prof.sa C. La Rocca sulle fonti toponomastiche e archeologiche della zona intorno a Torino, Brescia, Verona e Garda; sui dati della ricerca, basata su ricognizioni di superficie, effettuata dal relatore stesso sul territorio modenese; sulle ricognizioni di superficie e i dati provenienti da scavi condotti nel territorio della Toscana meridionale; sui dati del recente convegno che ha avuto come argomento la fine delle ville. I risultati provenienti da quest’analisi sono, riassumendoli, che l’Italia settentrionale in epoca longobarda sembra subire una diminuzione quantitativa dei modelli rurali (non si sono rinvenuti edifici longobardi medio-alti), che i possessores erano stanziati soprattutto in città (castra) da cui controllavano il territorio, che i longobardi accelerano il processo, forse già in atto prima, di diminuzione dell’insediamento sparso, soprattutto nelle aree di confine. Alla fine del VI, inizi VII secolo aumentano le aree abbandonate e c’è una flessione quantitativa dell’insediamento rurale nella sua complessità.

Sempre in questa prima sezione sono stati esposti i risultati delle ricerche del prof.Azkarate, il quale ha scoperto a sud dei Pirenei, vicino a Victoria nei Paesi Baschi, una necropoli di figliazione franco-merovingia di VI secolo ricca di materiale archeologico veramente sorprendente. Non si tratta comunque di una scoperta isolata, anzi si sono trovate altre 10-12 necropoli in quest’area dei Paesi Baschi, grazie alle quali si aprono oggi nuove prospettive sui rapporti intercorsi fra Gallia e Spagna. E’ seguita poi la relazione della prof.sa E.Migliario incentrata sul Ducato di Spoleto, su cui però non ci soffermeremo in quanto condotta non tanto su basi archeologiche, quanto storico-epigrafiche. La prima sezione si è conclusa con il prof.Gurt, il quale ha sviluppato il suo intervento intorno a questi tre punti: trasformazione dell’habitat a partire dal V secolo, cambiamento della morfologia storica del territorio, cambiamento del paesaggio derivante in particolar modo dall’ingente deforestazione a partire dal VII secolo.

Ricordiamo infine, per chi fosse interessato, che verranno quanto prima pubblicati gli Atti del convegno.

Valeria Beolchini

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