Notizie su Rossilli
In età repubblicana il sito fu sede di una villa di proprietà degli Hordeonii. Ad un personaggio di questa famiglia si riferisce infatti un'iscrizione funeraria su di un architrave in marmo rinvenuta nei pressi della strada, entro il recinto del casale. Questa famiglia, di origine campana, forse di Capua o di Pozzuoli, apparteneva a quei primitivi nuclei familiari venuti a Segni in seguito alla deduzione della colonia del 338 a.C. La sua presenza è documentata entro il circuito urbano da altre due iscrizioni che attestano il ruolo primario rivestito da questa famiglia nella È' possibile che gli Ordeoni mantenessero il possesso della proprietà sino alla Guerra Civile, quando cioè il comportamento filomariano di Segni, in seguito alla vittoria di Silla, espose la città alla rappresaglia della fazione vincente, con la requisizione delle proprietà fondiarie e la conseguente assegnazione ai veterani. Possiamo forse immaginare un ritorno del sito in mano agli Ordeoni dovuta alla incapacità dei nuovi assegnatari a gestire questi beni. Probabilmente già dall'età augustea la villa fu trasformato in una mansio per la sosta ed il cambio dei cavalli, ma non sappiamo se essa rientrò in una gestione proprietaria di carattere senatorio o imperiale. Il complesso, abitato sino alla tarda età imperiale, doveva basare la sua economia, oltre agli introiti del punto di sosta, anche su una attività estrattiva e di manifattura dei prodotti laterizi e ceramici, così come testimoniano le numerose cave di pozzolana e di blocchi e la forte concentrazione di fornaci nel territorio circostante.Ancora poco definibile la fase altomedievale del complesso. Gli elementi a nostra disposizione si riferiscono e ad un gruppo di tombe, scavate da clandestini, nei pressi e forse entro la piccola chiesa di S.Margherita, che si sostituisce nel medioevo ad una più antica tomba di età romana, che hanno restituito un gruppo di materiali frammentari datati tra fine VI ed inizi VII sec. d.C. Dall'indagine di scavo, dal saggio A è emerso un edificio a due vani, databile tra VIII e X secolo, la cui funzione non è ancora certa; dal saggio C una tomba di bambino, scavata nel pavimento a mosaico di uno degli ambienti delle terme, il cui corredo, costituito da una piccola brocca, si data nell'ambito del VI-VII sec. d.C. L'importanza del complesso abbaziale nell'ambito dell'intera Diocesi si evince dall'attenzione sempre costante verso il monastero da parte di personaggi dell'alta gerarchia ecclesiastica. Come dimostrano tra gli altri il dono fatto dal pontefice Innocenzo III di una planetam examiti cum aufrigio; o l'atto, datato 1221, in cui il successore Onorio III concede all'abbazia la chiesa di S.Simeone, nel territorio di Segni, con l'obbligo di restaurarla. O in ogni caso ne sono testimonianza le importanti decorazioni pittoriche entro la chiesa, il portale, opera dei cosmati e tutta una serie di altri interventi architettonici. In ogni modo verso la metà del XIII secolo, si assiste ad un repentino declino del monastero, legato forse alla generale decadenza degli impianti benedettini ed alla maggiore diffusione di nuovi ordini monastici sul territorio. Segni tangibili di questa crisi si manifestano a Rossilli già quando, nel 1283, Martino V autorizzò il vescovo di Segni e l'Abate di Subiaco a nominare un abate per il monastero, essendo rimasta per troppo tempo la sede vacante e quando, più tardi, Niccolò IV concesse a Adinolfo Conti di devolvere la cifra di 3000 fiorini, destinati dal padre Giovanni per costruire un monastero a Valmontone, a favore del decadente cenobio di Rossilli, dove si registrava la presenza di due soli monaci. Le emergenze di età romana Il complesso di Rossilli si trova nel territorio dei comuni di Gavignano e Segni, a ridosso del tracciato dell'antica Via Latina. Tutta l'area centrale della chiesa (B) si eleva su due vani contigui, paralleli disposti con l'accesso a nord-est e collegati tra loro, voltati a botte, costituiti da murature in opera reticolata. Sul punto di stacco della volta sono ancora evidenti le tracce di grossi finestroni strombati verso l'esterno. Probabilmente costituivano le sostruzioni della "villa"utilizzate come magazzini. In uno dei pilastri che divide la navata centrale della chiesa da quella di destra era inglobato, prima che fosse trafugato nel 1983, un sarcofago del III sec. d.C., in marmo bianco del tipo "a tinozza" (lénos) con i lati corti arrotondati (g. Sulla parte frontale era decorato con strigilature affrontate entro uno cornice composta da un doppio listello. Le strigilature risparmiavano un ovale, collocato centralmente, nella parte alta. Su entrambi i lati corti vi era una raffigurazione speculare, a rilievo, rappresentante un leone nell'atto di azzannare un cavallo. La parete sud-ovest dell'edificio conserva un ampio tratto di muratura in opera mista su cui è stata ricavata in tempi non lontani una nicchia (h) che lascia intravedere una cortina in opera reticolata in parte intonacata che fa presupporre, anche in relazione allo spessore del muro in quel punto (m.1,20), che ad una primitiva struttura in reticolato venne addossato un muro in opera mista, forse per restauro. Anche il basamento del campanile è in opera reticolata, mentre un breve tratto di opera vittata si trova nella parte esterna dell'abside (i) e si appoggia ad un muro in laterizio, formando un angolo (l), e per un tratto si ammorza ad una struttura muraria di epoca medievale in "opera saracinesca" a blocchetti di tufo, su cui è anche una feritoia chiusa (m). Dalla parte opposta del cortile si erge un edificio a pianta rettangolare (C), la cui struttura è costituita da murature di età medievale e moderna. Il lato sud-ovest poggia su un muro a blocchi di tufo (n) che continua oltre l'edificio, in direzione est, che in origine forse doveva costituire una ulteriore sostruzione della villa o il suo recinto esterno. Sull'angolo ovest l'edificio si ammorza ad un muro preesistente, in opera cementizia (o) che conserva scarsi avanzi di una originaria cortina in laterizio; la continuazione verso nord-est di questo muro si coglie perfettamente in un avvallamento che taglia perpendicolarmente tutto il cortile. All'esterno della chiesa, nei pressi della stalla si trova un architrave monolitico di marmo, asportato da una tomba, che reca incisa l'iscrizione funeraria PAVLAE HORDEONIAE L F NASONIS (alla piccola Hordonia figlia di Lucio Nasone), databile al I sec. a.C. Hordeonii è documentata a Segni, come accennato in precedenza, da due iscrizioni di I sec. a.C. in cui vengono menzionati due personaggi: L. e M. Hordonio che ricoprivano la carica di quattuorviri municipali.
Iscrizione di Paulae Hordeoniae Il complesso medievale e moderno Il corpo centrale dell'intero complesso è costituito dalla chiesa abbaziale (A) e da una serie di ambienti (B) sovrappostisi nel tempo alle primitive strutture di età romana. Insieme alla chiesa venne costruito il campanile, romanico, con un unico ordine di monofore (b) ed un portico, un tempo aperto verso la strada, oggi costituito da due vani affiancati (b-c), coperti da volte a crociera, uno dei quali oggi funge da atrio della chiesa (b). A questa si accede attraverso un primo portale seicentesco che reca in chiave d'arco uno stemma del cardinale commendatario Crescenzi fatto in stucco. Il secondo portale, più interno, è quello originario della chiesa medievale (d). Si tratta di un opera attribuita ai Cosmati, databile forse al XIV secolo, che conserva sopra due stipiti marmorei un architrave sormontata da una lunetta decorata a mosaico policromo, con un disegno a baccellature.La chiesa è divisa in tre navate, scandite da una serie di pilastri sormontati da un arco. Su uno dei pilastri (e) si trova un affresco raffigurante S.Giorgio databile al XVI-XVII secolo; altri affreschi più antichi, del XV secolo, si trovano della cappella di fondo della navata sinistra (f), sotto il leggero strato di vernice moderna: si riconosce solo la figura di un alto prelato (forse un vescovo), emersa dopo una sconsiderata operazione di grattatura della vernice, operato da ignoti. Sul lato opposto del cortile si trova un edificio a pianta rettangolare (C) che si eleva su strutture romane. L'alzato è costituito da un muro a blocchetti come quello della chiesa. Il lato ovest e in "opera saracinesca" costituita da bozze rettangolari di tufo di medie dimensioni, in questa cortina si apre un arco a sesto acuto di mattoni, in un secondo momento chiuso con bozze di calcare rettangolari; l'elevato è di fattura meno regolare con bozze poligonali medio-piccole di calcare e tufo intervallate a tratti da laterizi. Nella zona superiore sono inglobati nella muratura colli di anfore vinarie romane, posti a distanze regolari. Il fronte sud-est è quasi completamente coperto da un intonaco moderno che lascia intravedere tratti di cortina a blocchetti di tufo e varie risarciture. In esso si apre una porta sormontata da un arco a sesto acuto in tufo. Saggio A Corrisponde all'area del cortile della chiesa abbaziale. L'indagine, cominciata nell'estate del 1994, ha permesso ricostruire un serie livelli di occupazione dai giorni nostri fino all'età romana. La fase più antica è rappresentata da resti di fondamenta di muri d'età romana a cui corrisponde uno spazio aperto sotto cui scorreva una conduttura di tubi in terracotta, conservata solo per alcuni tratti. Entro questo spazio furono insediate delle attività produttive, riferibili a fornaci, delle quali lo scavo ha rivelato solo lo strato di concotto dovuto al surriscaldamento del terreno. In seguito all'abbandono di queste manifatture, nell'altomedioevo (VII-X sec.), fu costruito un edificio, di cui rimangono in piedi due muri, abbastanza conservati nell'elevato e parte di un terzo muro di cui si mantiene solo un breve tratto di sopraelevazione delle fondamenta romane. La pavimentazione di questo vano, scoperta solo a tratti, era costituita da un battuto di calce e frammenti di laterizi. In epoca imprecisata e, in ogni caso, nell'ambito dell'Altomedioevo, tutta l'area fu utilizzata come cimitero e, dopo l'abbandono di questo, nel medioevo, riconvertita all'originaria funzione manifatturiera con l'impianto di una fornace per laterizi con praefurnium "a pozzetto". Eccezionale lo stato di conservazione, con diaframma tra camera di combustione e camera di cottura e relativi archetti di sostegno ancora intatti, così come un carico di coppi, disposti di taglio, testimonianza dell'ultima "infornata" mal riuscita. Lungo i muri degli edifici, dopo il loro parziale o completo abbandono, vennero scavate nel terreno di riempimento, in due momenti differenti, una serie di sepolture. Tutti gli inumati, prevalentemente di sesso maschile, erano disposti supini, entro fosse terragne, con i piedi ad est e la testa ad ovest, con le braccia congiunte in grembo o incrociate sul petto. Unico elemento di corredo una fibbia di cintura in ferro e due augelli in bronzo (fine XIV-XV secolo). Tra le ossa di uno degli inumati è stata trovata anche la punta in ferro di un verrettone di balestra. Tutta questa fase cimiteriale è probabilmente connessa al monastero. La modalità di sepoltura, dove ogni individuo aveva la testa tra i piedi di quello che lo precedeva, suggeriscono una operazione svolta in condizioni di precarietà, forse a causa di eventi disastrosi ed improvvisi. La fase più recente dell'intera indagine è caratterizzata da alcune buche per lo spegnimento della calce, utilizzate durante lavori di ristrutturazione dell'abbazia, databili tra XVII e XVIII secolo. Saggio A2 Nel corso di tre campagne di scavo (1998, 1999 e 2000) sono stati individuati due ambienti addossati all'ampio muraglione ancora in evidenza che corre sul crinale est-ovest del piazzale antistante la chiesa. L'ambiente a ovest sembra essere stato utilizzato in fase con il chiostro posto a nord, anche non a diretto contatto; è ipotizzabile la presenza di un altro ambiente posto tra i due, di cui rimane solo un'ampia pavimentazione in terra battuta. E' costruito riutilizzando il muro est del corridoio prima descritto, realizzando un muro ortogolale verso nord (presenti una nicchia pavimentata e una canalizzazione interna) e affiancando un muro al muraglione a sud; il muro a est è molto malridotto, così come il muro a nord è parzialmente distrutto da un'ampia buca. Al centro di questo ambiente quadrangolaresi trova una struttura ellissoidale in pietrame e calce magra, senza fondamenta, forse quanto rimane del focolare (molto fragile). L'area è disturbata dalla presenza di alberi, soprattutto uno posto a fianco del forno.A nord del complesso, si trova la base di una probabile struttura produttiva rettangolare, con una parte pavimentata in scaglie di laterizi e l'altra metà, in origine delimitata da muretti, con fondo in concotto (molto fragile). La collocazione stratigrafica (venne realizzata sopra il pavimento in terra battuta) e la disposizione disassata la fanno ritenete posteriore all'abbandono degli ambienti. Saggio A3 Nel corso di due campagne di scavo (1999 e 2000) sono state riportate alla luce le strutture relative ad un ampia porzione del corridoio est e a una minore del corridoio nord del chiostro, con andamento sostanzialmente parallelo alle murature attuali. Tali strutture si sono conservate in maniera minima in alzato, e sono state viceversa scavate per una profondità variabile (30/60 cm ca.) nelle fondamenta all'interno del corridoio. Nella zona sud-est sono disturbate dalla presenza di un buca per lo spegnimento della calce, mentre al perimetrale nord si appoggia una conduttura per le acque nere con andamento ovest-est (un tratto della stessa conduttura venne indagato in un sondaggio collocato a est nel 1998). La zona immediatamente a nord sembrerebbe utilizzata in antico come area aperta; una trincea con andamento nord-sud ha portato alla luce due sepolture, lasciate in situ. All'interno del corridoio sono state rinvenute 10 sepolture in nuda terra, di cui una bisoma (altre tre sono state individuate nell'angolo tra i due corridoi ma sono state lasciate in situ), riferibili con ogni probabilità ad una fase in cui il chiostro era stato abbandonato. Nell'angolo tra i muri perimetrali, si trova un ossario posteriore a queste sepolture, contenente ossa in gran parte umane probabilmente recuperate durante lavori edili (XVI-XVII sec.?); l'ossario non è stato scavato. Anche la conduttura venne riutilizzata per sepolture, di cui una indagata e l'altra, sottostante, lasciata in situ. La fase più antica del chiostro è evidenziata da un muro con andamento est-ovest, pertinente ad un edificio lungo che si allineava perfettamente al muro perimetrale sud della chiesa attuale; il muro nord di tale edificio coincide con quello nord del chiostro, che parzialmente lo riutilizza. Ancora più antica una vasta macchia di terreno concotto, posizionata appena a sud del muro est-ovest. Saggio B Al periodo augusteo appartiene l'edificio absidato, fatto oggetto di indagine dal 1994, identificabile con una fontana monumentale o un ninfeo: sono stati messi in luce gran parte dell'ambiente coperto da una semicupola una porzione del muro che in origine ne costituiva il recinto ed altre strutture attribuibili a una non meglio definibile utilizzazione che si protrae sino alla seconda metà del XVII secolo. Con la campagna del 1998 si è arrivati, ad una definizione quasi complessiva dell'assetto strutturale e della cronologia delle sue fasi di utilizzo. La successione stratigrafica disegna una prima fase edilizia della fine del I sec. a.C. a cui si riferisce il primitivo impianto, con l'emiciclo coperto, i muri di recinzione in opera reticolata, la vasca quadrata, con muri in cementizio e scapoli di calcare poi sopraelevati dall'età tardoantica a quella postmedievale con una serie di interventi strutturali costituiti, nella maggior parte dei casi, da materiali di recupero; due scale che confluivano nelle zone adiacenti al vasca. L'intero impianto cadde in disuso a partire dall'età adrianea e, nel V sec. d.C., questo processo di abbandono può considerarsi terminato. L'unico intervento di sistemazione di età tardoantica si riferisce a un piano inclinato, in senso nord-sud, costituito da spezzoni di tegole e mattoni per cui è stata ipotizzata una funzione di canale per il deflusso dell'acqua dall'interno del ninfeo. L'indagine del 1998 ha rivelato che tra il XIII ed il XIV secolo il muro in reticolato pertinente alla scala est-ovest venne innalzato di più di un metro con una struttura costituita da materiali di recupero. Questa crollò completamente in epoca imprecisata rovinando su quello che ancora emergeva della scala. La vasca continuò ad essere costantemente ripulita ed utilizzata come riserva d'acqua. Gli ultimi interventi di restauro possono essere datati alla seconda metà del 1600. Da questo momento cominciò ad interrarsi fino alla completa colmatura dell'invaso nel corso del XIX secolo. Ninfeo Saggio H Il saggio H, di nuova denominazione, è il risultato dall'unificazione dei saggi aperti negli anni precedenti nella zona a sud/ovest della Via Latina denominata ospedaletto. Un particolare sono stati fusi i saggi F e G aperti nel 1997 ed il saggio D scavato nel 1995. Il limite sud del complesso, scavato nel 1995, 1997-1998 in località "Ospedaletto", è costituito da grandi strutture emergenti pertinenti alle terme della statio. Nella terrazza superiore è stato portato in luce un ampio cortile porticato, a ridosso del quale sono due ambienti con pavimento, decorato con mosaico bianco e nero, più basso rispetto al piano del portico. Questi ambienti furono occupati almeno sino al V sec. d.C. modificando, forse, la destinazione originaria in quella di celle olearie o mescite. Nel VI secolo uno degli ambienti venne utilizzato per una sepoltura di bambino, scavata nel pavimento a mosaico, con corredo, costituito da una piccola brocca. Sotto la pavimentazione del portico era collocato un condotto idrico per il deflusso delle acque, con pareti in opera reticolata, fondo di tegole e copertura " a cappuccina". Lo scavo effettuato nel settore ovest ha fatto emergere parzialmente il praefurnium, riutilizzato poi come vasca di raccolta delle acque in età tardoantica. Il limite sud dell'impianto termale era costituito da una sostruzione, scandita da una serie di ambienti con muri in opera mista, voltati a botte.Alla ripresa delle indagini, dopo l'interruzione del 1996, sono emersi i resti di suspensurae, del calidarium e dell'ipocausto pavimentato con bipedali ed i livelli di fondazione di tre muri in cementizio con scapoli di calcare di un ambiente di grandi dimensioni, costruito sul calidario. Saggio L Si tratta di una lunga trincea con andamento nord/sud (m. 9x15) situata ad est della chiesa, in corrispondenza di due muri paralleli (orientati est/ovest) di cui sono state sempre visibili le creste a filo d'erba e che formano due leggeri terrazzamenti posti a quote diverse. Lo scavo ha evidenziato come da tempo i piani d'uso siano stati completamente asportati dai lavori agricoli ed i muri ridotti a livello delle fondamenta. In corrispondenza del terrazzamento più alto, adiacente al lato nord del muro, è stata rinvenuta una fogna. Si tratta di uno stretto canale, largo m. 0,45, originariamente interrato, chiuso dal lato opposto a quello del muro di terrazzamento, da un muretto di fattura incerta; il fondo è in cocciopesto e la copertura "a cappuccina", realizzata con gettate in cassaforma. La profondità, a partire dall'imposta della copertura è di m. 0,70. L'analisi della tecnica edilizia della struttura fa pensare ad una sua realizzazione nell'ambito del basso/tardo medioevo. Angelo Luttazzi |