Mirko Traversari, Il recupero della Torre di Crebbio: analisi archeologiche e strutturali* *In collaborazione con il Prof. Cesare Alippi-Politecnico di Milano
Alla luce di un progetto di recupero filologico e storico della Torre di Crebbio in località Abbadia Lariana (LC), ora in grave stato di degrado, si è proceduto alla costituzione di un equipe multidisciplinare composta oltre che dallo Scrivente per gli ambiti archeologici, dalla Dr.ssa Silvia Micheli, Professore a Contratto di Storia dell'Architettura-POLIMI per gli aspetti architettonici e redazionali del progetto esecutivo, dagli Ingg. Luigi Barazzetti e Mario Alba per gli aspetti topografici, rilievo Laser scanner 3D (fig. 1) e riprese sferiche e dal Geom. Gino Micheli del Comune di Abbadia Lariana per competenza territoriale del bene, per meglio affrontare le varie problematiche che la struttura presentava. I lavori di risanamento tuttora in essere sono finalizzati alla restituzione strutturale e funzionale della torre, nel pieno rispetto della sua stratificazione storica, consentendone nuovamente la corretta lettura e restituendole pienamente la dignità di luogo di interesse storico, relazionato anche alla ricchezza storica materiale del territorio in cui si inserisce. Fig. 1-Rendering esterno sul rilievo LS 3D, le analisi e l’elaborazione dei dati sono tuttora in corso La torre di Crebbio si erge lungo la direttrice di contro crinale che da Abbadia Lariana sale verso il crinale ad E, si posiziona a circa 360 m slm rispetto i nuclei di Abbadia Lariana e Mandello del Lario, per i quali fungeva da seconda linea di avvistamento assieme alla torre di Maggiana, anch’essa sita a circa 340 m slm (Provincia di Lecco 2008, pp. 107-109), la torre di Crebbio era a diretto contatto visivo con i nuclei di avvistamento di Abbadia Lariana e Mandello, con i quali, come noto su tutto il territorio italiano, comunicava tramite codificati segnali di fumo durante il giorno e cifrature luminose per mezzo di fuochi ritmicamente oscurati durante la notte, detto sistema permetteva di trasmettere notizie relative a imminenti pericoli e messaggi di natura amministrativa, creando di fatto una rete strutturalmente omogenea di nuclei sparsi sul territorio in grado di rappresentare un organismo di controllo distribuito (Settia 1997, pp. 439-444). Il connettivo storico nel quale si innesta lo sfruttamento funzionale della torre è da ricercarsi nei secoli centrali del medioevo, periodo che vede la riaffermazione di vecchi percorsi di crinale, favorendo lo sfruttamento di posizioni elevate maggiormente difendibili, utili nella vitale attività di avvistamento e segnalazione. Contestualmente si registra il progressivo abbandono dei nuclei di fondovalle minori. In questo quadro geoantropologico, il Lario si cristallizza come un importante nodo di percorsi lacustri e terrestri, presidiati da un sistema di fortificazioni collegate tramite una fitta rete di torri di avvistamento a difesa da potenziali invasioni (Pensa 1978, pp. 41-71, Scaramellini 2003, pp. 176-178). Erano tre le gradi vie di comunicazione con l'Europa del nord: la via Regia (poi Regina), che serviva Como, la Riviera sul ramo di Lecco che fiancheggiava il lago, di elezione ai traffici diretti in pianura padana e la Oria, ad ovest, che collegava la Padania alla Gallia (Pensa 1977, pp. 156-157). Un ulteriore impulso allo sviluppo di un articolato sistema a matrice militare, lo si ebbe con il cruento conflitto noto come Guerra Decennale (1117-1127) che vide fronteggiarsi Como e Milano, a causa delle particolari condizioni in cui verteva il vescovado comasco e di insormontabili ed incompatibili interessi economici sul territorio; Lecco ed alcuni centri del Lario alleati di Milano, fronteggiarono direttamente Como ed i suoi centri alleati, tra cui Mandello, fornendo al contempo un’importante sistema di controllo alla città ambrosiana sulla contendente nemica (Sala 2003, pp. 7-33). Lecco e parte del Lario saranno poi protagoniste per almeno altri tre secoli sullo scenario bellico che vedrà come protagonisti Como e Milano (Belloni Zecchinelli 1971, pp. 35-37), con presenze di spicco sul territorio come Federico Barbarossa; la pace di Lodi del 1454 porterà infine una labile stabilità nell’assetto territoriale. La torre di Crebbio è un parallelepipedo a sezione quadrangolare di circa 5,20 m di lato per circa 9 m di altezza dal p. di c. moderno, lo sviluppo verticale risulta chiaramente abbassato in epoca moderna per il posizionamento di una copertura trabeata lignea a doppia falda, appoggiata alla demolizione del paramento murario, che alla sommità appare smontato dei corsi lapidei per generare approssimativamente una linea diagonale, compatibile con l’inclinazione delle falde del tetto (fig. 2).
La muratura che si presenta come un’unicità costruttiva, è realizzata in blocchi lapidei in gran parte autoctoni in arenaria, calcare e tufo, grossolanamente sbozzati e disposti su corsi irregolari all’esterno, mentre all’interno il paramento murario è grossolanamente realizzato con gli stessi materiali, ma con meno cura nella preparazione dei conci. Difficilmente sono individuabili i corsi di posa e la stessa superficie, in più sezioni, è scabrosa con elementi aggettanti verso la volumetria interna; la muratura è probabilmente realizzata a sacco; lo si intuisce dalle sezioni esposte, messe in luce da due possenti fratture strutturali ben visibili sulle pareti, con due moduli costruttivi differenti sulle facce della stessa e materiale sciolto coeso da calce all’interno (Mannoni 1997, pp.15-24). Il paramento esterno presenta ancora almeno due tipologie di malta di stuccatura che lo rendono tenace e resistente agli attacchi esterni, la prima, di natura sabbiosa giallo/ocra con numerosissimi inclusi lapidei minuti, friabile alla sollecitazione meccanica è individuabile sul fronte S-W e nei primi 2 m del fronte N-W ed è generalmente databile al 1700 per affinità con altri elementi architettonici presenti nel nucleo abitativo contenete la torre, che utilizzano la medesima malta e di cui è noto il periodo di costruzione. La seconda malta individuata, da ritenersi originale alla struttura è a carattere cementizio grigio scuro anch’essa con numerosi inclusi lapidei minuti, tenacissima e resistentissima alle sollecitazioni meccaniche, individuabile sui fronti N-E (per quanto visibile in alzato), S-E (per quanto visibile in alzato) e N-W nella sezione sommitale della torre (Parenti 1987, pp. 49-61, Marino 1991). Sono presenti elementi di rinforzo dagli agenti atmosferici e meccanici agli angoli delle pareti, per mezzo di elementi litici di grosse dimensioni, immorsati a pareti alternate, ottimamente sbozzati e posizionati, coevi con l’erezione della struttura (fig. 3). L’interno vede attualmente la presenza di due ambienti solamente a causa del crollo dei solai lignei moderni; Il primo ambiente a - 0,45 m dal p. di c. esterno, è voltato e intonacato con malta cementizia moderna, addossata alla parete N-W e S-W insiste una zoccolatura alta circa 0,50 m; nel volume superiore sono ancora riconoscibili le mensolature necessarie al posizionamento del tavolato che originariamente scandiva ritmicamente i piani interni, tramite l’individuazione di questi elementi sono ipotizzabili almeno 4 piani più l’ambiente voltato inferiore.
Il quarto piano è stato quasi totalmente eliminato e fortemente abbassato per far posto alla copertura a doppia falda moderna Rarissima la malta di stuccatura all’interno, visibile solo nei primi due metri del primo piano, bianca/grigiastra a carattere cementizio con grossolani inclusi, estremamente tenace, non lisciata; in generale il paramento non dovendo assurgere a particolari compiti estetici, appare grossolanamente e frettolosamente posto in opera; la posa dei tavolati sulle mensolature era alternato sui lati opposti lungo i vari solai, ottimo espediente per distribuire al meglio il carico statico sulle quattro pareti. Le aperture della torre all’esterno constano di una porta di servizio al piano terra, da ritenersi assolutamente posteriore all’erezione della torre, una porta che accede al primo piano, coeva alla struttura originale (ma non la scala che la serve) e numerose feritoie in gran parte quadrilitiche (tre sul fronte N-E, cinque sul fronte N-W, tre sul fronte S-E, due sul fronte S-W), la cui bocca di attacco è generalmente di 0,60x0,60 m (con oscillazioni in orizzontale o in verticale di ± 5 cm), fortemente strombate fino alla feritoia esterna che misura 0,10x0,60 m; anch’esse, come già visto per le spigolature esterne, sono quasi sempre rinforzate per mezzo di grossi elementi lapidei e tufacei sbozzati Le feritoie hanno sempre una sezione trasversale simmetrica, mentre per quanto riguarda le aperture sul fronte N-E, sono asimmetriche e fortemente orientate verso E, con un preciso scopo funzionale di avvistamento verso la montagna alle spalle della torre e di battuta sul nemico. Sono stati effettuati due saggi stratigrafici all’interno della torre per chiarire meglio la natura della fondazione e della volta. Il primo saggio (saggio 1) realizzato al piano terra lungo il fronte N-E/N-W in aderenza alla parete e alla zoccolatura interna, ha evidenziato come il p. di c. realizzato in conglomerato ghiaioso (US 1), si approfondisca per circa 3 cm e il sottostante strato in terreno sciolto con elementi lapidei fluitati, sia in aderenza con le fondazioni della torre (US 2), il cui scopo è quello probabilmente di stabilizzare la pavimentazione; la muratura (USM 1) presenta la linea di risega immediatamente sotto al pavimento, sotto alla quale è visibile la fondazione appunto (USM 2), realizzata per mezzo di materiale grossolanamente aggregato. Le fondazioni sfruttano inoltre lo sperono roccioso emergente (US 3), visibile nel saggio sul fronte N-W internamente ed esternamente sotto allo spigolo W della torre; la quota del pavimento visibile è quindi da ritenersi insistente sullo stesso livello di quello originale. Si è chiarito, evidenziando la relazione “si appoggia a”, la natura posteriore della zoccolatura (USM 3) presente sul fronte N-W e S-W, aggiunta in epoca recente forse per rifunzionalizzare l’ambiente a cantina (è ancora presente una botte sopra di essa a testimonianza dell’uso moderno); la feritoia ora parzialmente cieca, visibile sul fronte N-W, era quindi servita probabilmente da uno spalto ligneo realizzato a mezza altezza, poggiante su un sistema di travi di cui rimane una buca pontaia visibile sul fronte S-W. Il secondo saggio realizzato nel battuto pavimentale del primo piano (saggio 2), agli angoli N e W in aderenza alle pareti, ha evidenziato come l’estradosso della volta che serve l’ambiente inferiore sia stato riempito da materiale sciolto quali pietre e frustoli laterizi poi compattato (US 4), oltre che da frammenti di tavolato ligneo. Il saggio si è approfondito fino ad intercettare la volta sottostante (USM 4), mettendola in luce; immediatamente sopra alla linea di congiunzione della stessa con la muratura, è venuta in luce una mensolatura del tutto simile a quelle ancora visibili per i solai superiori, con lo stesso modulo di assottigliamento parietale di circa 0,10-0,20 m per lato del tutto simile a quelle superiori (è evidente lo scopo di alleggerimento della muratura durante la sua erezione), la cui posizione a circa 2,20 m da quella superiore è assolutamente compatibile con la originaria presenza di un tavolato in luogo della volta (fig. 4). L’innesto del soffitto voltato è realizzato per mezzo di alcuni elementi laterizi, assolutamente posteriori per tecnologia con l’unicità costruttiva della torre e lo stesso modulo lapideo, accuratamente squadrato e lavorato, suggerisce la natura posteriore della volta, non presente nel progetto originale di costruzione.
L’analisi delle strutture annesse alla torre ha messo in luce alcuni elementi di assoluto interesse per quanto riguarda la corretta interpretazione dell’insediamento originario. Internamente al caseggiato che cinge direttamente la torre nei fronti N-E e S-E, si è individuato un muro che genera dallo spigolo E-N-E della torre, con la quale pare abbia una qualche connessione strutturale diretta (non è stato possibile valutarne l’eventuale immorsatura), la muratura, ora interna ad un ambiente utilizzato a rimessa e legnaia più volte rimaneggiata ed intonacata per buona parte della superficie, ha uno spessore di oltre 0,60 m e, cosa ancora più interessante e determinate per la sua interpretazione, a circa 6 m dalla torre, è ancora presente una feritoia quadrilitica tipologicamente identica a quelle realizzate nelle mura della torre (fig. 5). Conseguentemente a questa scoperta, l’analisi autoptica è proseguita all’interno del solaio del caseggiato, prospiciente alla sezione della muratura con la feritoia per meglio valutarla, anche in questo caso è presente la caratteristica strombatura simmetrica con lume della feritoia di 0,60x0,10 m, che ha dunque definitivamente chiarito l’orientamento del muro ora interno, ma in origine esterno e delimitante la fortificazione. L’analisi del’ambiente ha inoltre consentito di reperire una seconda feritoia, questa volta murata, sul lato opposto a S, che risulta ora addossata al caseggiato costruito in aderenza al primo corpo originale.
Fig. 5- feritoia rinvenuta nella muratura di cinta, ora interna ad una legnaia Al piano terra di questo volume, nella parete N-W era già visibile una feritoia, ora pesantemente intonacata con malta cementizia, che lasciava presagire un’originaria appartenenza del volume ai primi orizzonti di vita della fortificazione. A compendio di queste strutture, la cisterna (al momento non valutabile) posizionata nella corte interna alle proprietà, corredava funzionalmente dei servizi essenziali la struttura fortificata. La struttura e gli aspetti analizzati permettono diverse considerazioni: In primo luogo la matrice della muratura, assolutamente verticale, senza alcun tipo di ammodernamento tipico delle strutture militare cosiddette “di transizione” quali scarpature con cordonatura della muratura alla base, presenza di cannoniere o bombarde a toppa rovesciata in luogo delle semplici feritoie, abbassamento degli slanci verticali e ingrossamento delle murature per meglio contrastare la nuova capacità ossidionale data dall’introduzione della polvere da sparo, colloca l’erezione della torre di Crebbio in un periodo certamente antecedente al 1500 (Settia 1986), l’assoluta mancanza di interpolazioni laterizie nella tessitura muraria indica un’unicità costruttiva antecedente in questo caso alla fiorente ripresa della produzione di mattoni che investì la penisola italiana a partire dalla fine del XII secolo (Mannoni 2000, pp. 213-221). Secondariamente lo spessore della muratura non è funzionale a contrastare passivamente le nuove tecniche offensive del tardo XII sec., offerte dall’inserimento inizialmente in Italia settentrionale dal trabucco, capace di scagliare proiettili di oltre 400 kg (arriveremo anche a 700 kg nei secoli successivi) (Contamine 1986, pp. 296-278). Inoltre le sole strutture attive sul piano offensivo, costituite da strette feritoie 10x60 cm, sono funzionali sia all’avvistamento come suggerito dalla strombatura interna, sia anche come punti di offesa sfruttate da archi o balestre (L’uso delle balestre sul nostro territorio è chiaramente attestato dalla fine del XI secolo ma la tipologia di feritoia ad arciera non si presta all'uso di balestre: La luce strombata a sviluppo verticale non permette una manovrabilità ottimale della balestra, che si troverebbe costretta e limitata nei movimenti e nelle mire, la stessa luce che si ha a disposizione in uscita e' minima. Nel XIII-XIV si andrà poi a modificare la morfologia della feritoia da lineare verticale a croce, per favorire la manovrabilità interna dei balestrieri, che utilizzeranno l’elemento orizzontale come punto di fuoco, mentre i bracci verticali saranno funzionali alla mira del nemico. Nessun impedimento era presente sullo spalto finale per quanto riguardava il loro utilizzo, ovviamente relazionato alla presenza di merli, funzionali alla fase di carica della balestra), non ultimo, funzionali alla vita della torre, limitando la dispersione di calore a causa dell’assenza di diaframmi quali vetrature o finestre (non si è individuato nel paramento interno traccia di camini o cappe): generalmente questo apparato passivo e attivo si colloca tipologicamente a cavaliere tra la fine del XI e l’inizio del XII secolo (Mannoni 1984, pp. 396-403, Parenti 1988, pp. 280-304). E’ inoltre importante notare come l’abbassamento moderno della torre, abbia eliminato quasi completamente il quarto piano, del quale si intravede ancora la mensolatura per la posa del solaio e, sul fronte N-W, la parte basale di una feritoia mozzata del suo elemento superiore, nella cui luce è stata inserita la trabeazione del colmo moderno; anche per questo volume è assolutamente possibile ipotizzare un’altezza originale di circa 2,20 m In funzione di quanto detto, la copertura della torre doveva essere necessariamente piana, con accesso al piano inferiore, per permettere la fruizione del solaio da parte degli armigeri che sfruttavano, come noto, questo punto per produrre segnalazioni da inviare agli avamposti militari limitrofi; è inoltre possibile supporre una merlatura a coronamento della ghiera muraria per garantire un sicuro punto di offesa da parte degli arcieri e balestrieri. Non si hanno notizie dirette, né riscontri materiali sulla tipologia della merlatura originale. E’ forse ipotizzabile una configurazione finale alla ghibellina vista la gravitazione politica di Como con le sfere imperiali (si valuti in merito il rialzamento della torre del Baradello, con cambiamento della merlatura precedente da guelfa a ghibellina); ma è molto più condivisibile una prima fase originale guelfa delle merlature, precedente alla presenza del Barbarossa, anzi è probabile che il coronamento a merlo quadrato abbia caratterizzato le primissime erezioni dell’intero ambito territoriale trattato, come pur testimoniato dalle murature inglobate nel rialzamento della torre del Baradello, oppure come evidenziato da un quadro conservato presso la chiesa parrocchiale di Crebbio nel quale la torre di Maggiana è merlata alla guelfa anche se con evidenti segni di degrado. Le modifiche successive dovute alla presenza imperiale a Como si attuarono quindi dove questa operazione era evidentemente necessaria, come per il caso del Baradello appunto, tralasciando di modificare gli altri apparati perfettamente attivi come nel caso di Maggiana, per la quale è attestabile iconograficamente la merlatura guelfa almeno fino alla metà del XVII sec., periodo in cui venne realizzato il dipinto conservato a Crebbio citato poc’anzi e, per ovvia deduzione stilistica e logistica, anche per la torre di Crebbio. L’accesso alla struttura era invece garantita dall’apertura ancora oggi funzionale all’accesso al primo piano, la quale affacciava a filo della muratura e poteva essere sfruttata tramite scale mobili che ne permettevano il ritiro all’interno della torre, per isolare i nemici all’esterno e non permettere loro di accedere agli ambienti interni. Se si considera anche l’approssimazione interna del paramento murario, che denota una certa velocità nella costruzione, fretta forse dovuta alle contingenze politiche in rapido sviluppo, alla luce di quanto considerato, la data di erezione della torre di Crebbio è da collocarsi non oltre il primo ventennio del XII sec., in funzione della Guerra Decennale che investì direttamente questi luoghi; è altresì evidente poi come la stessa torre perse forse le sue valenze militari entro la fine del XVI sec., non presentando gli ammodernamenti tipici come più sopra ricordato del periodo “di transizione”, periodo anticipabile alla fine del XV sec. venuta meno ogni criticità politica. La definitiva attribuzione di strutture ora inglobate alle costruzioni addossate alla torre, ma in origine facenti corpo unico con essa, ha inquadrato inoltre la natura dell’insediamento da semplice torre di avvistamento, a vero e proprio piccolo fortilizio (fig. 6), munito di torre (indicato con A in figura), protetto a N-E da una cortina muraria che collegava la torre appunto, fronteggiando le alture, al volume composto da un piano terra munito di feritoia aggettante verso l’accesso alla corte interna ad W (C), ed un primo piano munito di feritoie verso monte a N-E e verso il lago ed il sistema viario a S-W, quest’ultimo fronte sguarnito di mura, era naturalmente protetto dal terrazzamento che degradava rapidamente verso i 340 m slm. Gli elementi architettonici identificati in figura come (B) sono da considerarsi posteriori. L’unico prospetto per il quale al momento non è possibile avanzare ipotesi per mancanza di dati oggettivi, è il fronte S-E, sul quale moderni lavori di ristrutturazione, hanno coperto eventuali elementi probanti, è comunque ipotizzabile la presenza di un secondo muro che chiudeva questo lato fino alla scarpata naturale.
MIRKO TRAVERSARI (figg. 2, 3, 4, 5, 6) Bibliografia Belloni Zecchinelli M. 1971, Panoramica delle fortificazioni sul Lago di Como, in Le fortificazioni del Lago di Como, Atti del Convegno di Villa Monastero di Varenna, Como, pp. 35-65. Contamine P. 1986, La guerra nel Medioevo, Bologna. Mannoni T. 1984, Metodi di datazione dell’edilizia storica, «Archeologia Medievale», XI, pp. 396-403. Mannoni T. 1997, Il problema complesso delle murature storiche in pietra. 1 Cultura materiale e crono tipologia, «Archeologia dell’architettura», a cura di Brogiolo G.P., Mannoni T., Parenti R., suppl. di «Archeologia Medievale» XXIII, II, Firenze, pp. 15-24. Mannoni T. 2000, I problemi dei laterizi altomedievali, in I laterizi nell’alto Medioevo italiano, a cura di S. Gelichi - P. Novara, Ravenna, pp. 213-221. Marino L. 1991, Materiali da costruzione e tecniche edili antiche. Indagini e rilievi nell’ottica della conservazione, Firenze. Parenti P. 1987, Una proposta di classificazione tipologica delle murature postclassiche, in Conoscenze e sviluppi teorici per la conservazione di sistemi costruttivi tradizionali in muratura, (Bressanone 1987), Padova 1987, pp. 49-61. Parenti R. 1988; Sulle possibilità di datazione e di classificazione delle murature, in Archeologia e Restauro dei Monumenti, a cura di R. Francovich, R. Parenti, Firenze, pp. 280-304 Pensa P. 1977, Le antiche vie di comunicazione del territorio orientale del Lario e le loro fortificazioni, in Il sistema fortificato dei laghi lombardi in funzione delle loro vie di comunicazione, Como, pp. 156-157. Pensa P. 1978, Il castello di Menaggio nel contesto del più remoto sistema fortificato lariano: corrispondenza segnaletica tra il castello di Menaggio e il castello di Esino, «Communitas» 3-4, pp. 41-71. Provincia di Lecco 2008, Piano Territoriale di Coordinamento provinciale-adeguamento alla L.R. 12/2005; Quadro di riferimento paesaggistico provinciale e indirizzi di tutela, Lecco. Sala A. 2003, Ipotesi di persistenze romane in Lombardia: le torri di Bergamo, quelle della Val Chiavenna e della Valtellina e il sistema fortificato dei laghi lombardi, «Bollettino della Società storica valtellinese» LVI, pp. 7-33. Scaramellini G. 2003, Alto Lario, una regione strategica, in Il forte di Fuentes nel Pian di Spagna 1603-2003, Lecco, pp. 171, 176-178. Settia A. 1986, Castelli e villaggi nell’Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza tra IX e XIII secolo, Napoli. Settia A. 1997, Motte nell’Italia settentrionale, «Archeologia medievale» XXIV, Firenze, pp. 439-444.
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