La dama della collana,
8 aprile – 26 giugno 2011, CEMA Centro Espositivo Multimediale dell’Archeologia,
Piazza della Gondola – Veneto Designer Outlet, Noventa di Piave
La fase del restauro
Il restauro conservativo della collana, che ha richiesto l’uso del
microscopio per le operazioni di pulitura delle incrostazioni terrose,
ci ha consentito anche di acquisire alcune informazioni utili per capire
la tecnica di fabbricazione di queste paste vitree assemblate. L’osservazione
al microscopio ha inoltre permesso di scoprire tracce del filo che teneva
in origine infilati i vaghi, conservatosi grazie all’assorbimento
dei sali di rame; gli elementi vitrei, che presentavano esfoliazioni degli
strati superficiali, sono stati consolidati con resina acrilica diluita
in acetone.
*A cura di Francesco Cozza, Sara Emanuele (Soprintendenza per i Beni Archeologici
del Veneto), Vincenzo Gobbo (ditta Diego Malvestio & C. s.n.c.)
La lavorazione
Queste particolari perle vitree sono state realizzate con il metodo definito
a lume che utilizzava una fiamma per l’assemblaggio a caldo dei
diversi elementi: la sfera vitrea principale (diametro non superiore al
centimetro), che risulta forata e contenente un tubicino di rame, veniva
riscaldata alla fiamma e resa molle al punto giusto per ricevere l’applicazione
delle minuscole sferule (diametro 1-1,5 mm) a totale copertura della superficie
sferica. La bravura dell’artigiano stava nel riuscire a comporre
il fiorellino rappresentato da sei perline bianche e dal bottone centrale
di diverso colore, tenendo conto che per ogni perla ce ne sono ben tre.
I vaghi in osso, osservati al microscopio, mostrano le tracce della lavorazione
realizzata con l’ausilio del trapano verticale fatto ruotare manualmente
con il sistema della corda avvolgente.
Il ritrovamento e lo scavo della tomba 49
Nel corso delle indagini archeologiche, condotte nell’estate del
2010 nel complesso archeologico di San Mauro a Noventa di Piave (VE),
è stata messa in luce, in un’area cimiteriale relativa alla
terza chiesa medievale, una tomba il cui inumato presentava al collo i
resti di una collana (fig. 1-2).
L’apparato scheletrico appartiene ad un individuo di sesso femminile
di età adulta depositato, in posizione supina con il capo verso
est, in una fossa rettangolare avvolto in un sudario che, tenuto chiuso
da uno spillone di bronzo (fig. 3), ha determinato la posizione finale
convergente degli arti inferiori e superiori, questi aventi gli avambracci
piegati sul bacino e con le mani aperte sovrapposte.
Alcuni chiodi rinvenuti a lato della scatola cranica, conservata in frammenti,
e posti in corrispondenza del bacino testimoniano l’utilizzo di
un manufatto di legno per la deposizione nella fossa del cadavere: potrebbe
trattarsi o di una cassa chiusa o di una barella.
Sulla base del contesto stratigrafico è possibile datare la sepoltura
al secolo XV.
La collana
La collana, costituita da 16 vaghi di vetro e da 29 piccoli vaghi di osso,
è stata ricomposta utilizzando un filo di cotone, al posto di quello
originario conservato solo in tracce, e rispettando l’alternanza
originaria che mostra la sequenza dei vaghi vitrei intervallati da due
perline di osso.
Il lungo tempo di interramento, che ha provocato i processi di degrado
dei vari elementi costituenti la collana, non ci consente di cogliere
e di apprezzare gli originari rapporti cromatici tra i vaghi grossi di
vetro di colore viola con fiorellini bianchi e le perline di osso; infatti
il vetro ha assunto una colorazione molto scura con iridescenze e i vaghi
in osso una colorazione verdastra dovuta all’assorbimento di sali
di rame per contatto con il tubetto metallico presente nel foro passante
dei vaghi in vetro. I vaghi grossi sono quasi completamente rivestiti
- alcune sfere staccatesi dal nucleo sono state riposizionate con il restauro
- e decorati da piccole sfere vitree, realizzate in due differenti colori
a contrasto, dove i fiori a rosette sono realizzati con cinque sferule
di colore chiaro per i petali e una di colore scuro per il bottone centrale.
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