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La città ritrovata. Archeologia urbana a Genova. Illustrazione sintetica della sezione della mostra esposta presso l’Istituto Archeologico Germanico di Roma

Per tutto il mese di Giugno è stata esposta a Roma, nella sede dell’Istituto Archeologico Germanico, una selezione della mostra La città ritrovata. Archeologia urbana a Genova, 1984-1994. che si era tenuta a Genova dal 3 Febbraio al 5 Maggio di quest’anno nell’edificio medievale della Commenda di S. Giovanni di Prè, a cura del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, Soprintendenza archeologica della Liguria. La mostra era stata fatta in occasione della ricorrenza del ventennale della prima esposizione Archeologia a Genova, per far conoscere i risultati di dieci anni di intensi lavori, effettuati nel cuore della città, soprattutto in relazione ai grandi interventi per la ripianificazione del porto e di altre zone del centro storico, con la costruzione della metropolitana e di altre infrastrutture. Si trattava di una esposizione destinata al grande pubblico per sensibilizzare gli animi dei cittadini verso l’archeologia in generale e verso quella urbana in particolare. La mostra ha riscosso un notevole successo, con un numero di visitatori di circa 10.000, di cui un terzo studenti. Essa, come del resto anche la sezione ridotta esposta a Roma, si divideva in due parti, delle quali la prima volta a dare un quadro generale della storia e della struttura della città e del territorio su cui essa sorge; la seconda che prende più specificamente in esame i principali luoghi nei quali sono stati effettuati gli interventi, mettendo in luce le varie fasi che sono state individuate ed esponendo i più significativi materiali in essi rinvenuti, il tutto ordinato lungo un ideale itinerario urbano.
Genova ha conservato le vestigia del suo passato che le costruzioni medievali hanno in gran parte protetto. La città appare, tuttavia, priva di emergenze monumentali antiche, se si fa eccezione per i resti dell’acquedotto romano, distrutti negli anni trenta con tanto di autorizzazione ministeriale. La grande importanza assunta da Genova in epoca medievale ha per lungo tempo condizionato l’orientamento degli studi, distogliendolo dalla ricostruzione delle sue prime fasi di vita.
In epoca medievale si ipotizzava che la città fosse stata fondata dal dio Giano o da un eroe omonimo, donde il passaggio, proprio in quest’epoca, dal nome latino Genua alla forma Ianua.
La frequente citazione di Genova nelle fonti scritte, dimostra la precoce importanza che essa venne assumendo e la predominanza che di fatto stabilì e poi mantenne in relazione agli altri insediamenti della Liguria. Genova entra presto in contatti amichevoli con Roma con la quale è in buoni rapporti commerciali sin dal IV sec., diventando civitas foederata, forse già dal III sec. a.C.. Ma è nel IV sec. che, a seguito delle riforme amministrative di Diocleziano, si palesa sempre più l’importanza della città anche aldilà delle Alpi, quando essa appare menzionata come importante punto di scambio e di passaggio sia nell’edictum de pretiis, sia anche sull’itinerario Portolani e sulla Tavola Peutingeriana. In questo periodo Genova si configura come naturale sbocco al mare della capitale Milano, a cui era unita, sin dai tempi antichi, dall’asse stradale della Via Postumia. Numerose sono le testimonianze archeologiche, soprattutto materiali rinvenuti nella zona del porto, che mostrano la grande importanza commerciale raggiunta dalla città che intratteneva rapporti, ormai, con tutto il Mediterraneo e svolgeva il ruolo di punto di smistamento delle merci provenienti dall’Europa centrale.
Mentre le fonti antiche insistono sulla continuità della vita civica e delle istituzioni, le evidenze archeologiche ci mostrano come la città, a partire dal V d.C., pur mantenendo gli stessi confini, si trasforma., con parziale abbandono, ridimensionamento e riadattamento degli edifici antichi ormai fatiscenti. Il fatto che questo mutamento in alcuni quartieri avvenga, come appare, in maniera traumatica, può far ricondurre il fenomeno in esame ad un effetto di una certa instabilità politica interna alla città. Le tecniche edilizie si impoveriscono e mentre alcune zone un tempo importanti vengono abbandonate fino a divenire orti, altre, soprattutto in prossimità di luoghi di culto, sono oggetto di una frenetica attività edilizia che vede un copioso reimpiego di materiale edilizio antico. Tuttavia nella città circola ancora numeroso denaro e non si interrompono i rapporti commerciali, soprattutto con il mediterraneo orientale e con il nord-Africa, da dove proviene parecchio materiale ceramico. La città conserva ancora un aspetto cosmopolita al quale è probabilmente da ricondursi la presenza di una comunità ebraica e la costruzione della sinagoga. E’ a questo periodo che risale l’iscrizione del Diacono Sanctulus (di cui nella sezione romana era esposta una bella riproduzione fotografica) che è attualmente conservata nella Cattedrale, anche se proveniente dalla necropoli di S.Stefano. Le prime vere difficoltà fanno la loro comparsa con la guerra greco-gotica (535-555), con la scorreria del re franco Teodoberto (539) e quando Genova entra nell’estrema difesa bizantina contro i Longobardi. La città, divenuta sede di diocesi e retta da vescovi ligi all’ortodossia cattolica, accoglie il presule di Milano con tutto il suo seguito, come è documentato dall’epistolario di Papa Gregorio Magno. Quando Alboino occupa la Lombardia essa resta baluardo della difesa imperiale. Il tessuto urbano nel corso del VI sec. si fa più rado e la città si frantuma in una serie di piccoli borghi situati lungo le vie di transito (nuclei chiesa-cimitero-abitato presso S.Sabina, S.Siro, S.Michele). Nel nucleo centrale della città gli sforzi edilizi si concentrano in due zone, presso al chiesa di S.Lorenzo e presso quella di S.Ambrogio, ai margini nord-orientali dell’abitato antico, dove sembra che nel 569 si fosse stabilito il clero milanese in fuga dai Longobardi. L’identificazione di S.Lorenzo come la prima cattedrale è ancora dubbia, benché essa lo fosse almeno a partire dal IX sec. Molte fonti testimoniano la presenza a Genova di una guarnigione bizantina, ma il luogo dove fosse stanziata ci è ignoto. La fine arriva solo nel 643 quando tutta la Liguria marittima è conquistata da Rotari; non per questo decadono l’autonomia e l’importanza della chiesa genovese, la cui presenza ai concili è testimoniata ancora nel 680. Del passaggio rovinoso degli eserciti di Rotari, tuttavia, non è stata trovata alcuna testimonianza archeologica. I resti altomedievali sono molto frazionati e di difficile lettura, anche perché le fonti scritte non sono particolarmente chiare; ad essi si accompagnano una serie di sculture, rinvenute reimpiegate nella odierna chiesa di Nostra Signora delle Grazie e in quelle di S.Maria di Castello e S.Stefano, che, se pur modeste, attestano la presenza in loco di alcune botteghe e testimoniano una certa fioritura artistica. Per il poco che sappiamo la persistenza di alcuni punti di riferimento topografico, come ad esempio mura o strade, ha permesso una sostanziale fedeltà all’impianto base della città romana. Ciò continua ancora nel IX sec. e alcuni degli edifici di culto più antichi risalenti a quest’epoca si collocano lungo l’asse viario romano che percorre il litorale, corrispondente alle attuali via delle Grazie e via Canneto. Altri occupano le pendici della collina di Castello, come la Chiesa di S. Pietro in Banchi, citata nelle fonti già nell’862, di S. Giorgio, dei SS.Cosma e Damiano, dei SS.Nazario e Celso e la chiesa di S.Maria di castello, che secondo alcuni è di fondazione longobarda. Di questi e di altri luoghi di culto le fonti parlano, però, solo dal X sec. in poi. La città, sicuramente dotata di mura o almeno di un sistema fortificato misto che doveva avere il suo fulcro proprio nel quartiere di Castello, recupera la sua importanza, donando sicurezza contro le scorrerie arabe. Nella Genova del X sec. con i progetti promossi dal vescovo Teodolfo, la città medievale è già tutta prefigurata: Genua è diventata Ianua. Nella mostra era qui esposta una carta rappresentante la struttura di Genova nel IX sec., con la segnalazione di tutte le necropoli sia all’esterno che all’interno delle antiche mura.
1. Una sezione importante era dedicata agli scavi nel porto antico, effettuati tra il 1989 e il 1995, in occasione dei grandi lavori per le celebrazioni Colombiane. Si tratta di un’area vastissima (17.000 m²) suddivisa in vari cantieri: gli scavi non hanno messo in evidenza alcuna struttura portuale costruita in età alto medievale e scarsi sono in questo periodo i materiali ceramici provenienti dai fondali e dalla zona costiera. Nella sezione del porto era inserita anche una vetrina contenente tutta una serie di oggetti venuti alla luce negli scavi; tra i pochi pezzi esposti nella sezione romana della mostra (scelti, forse per il loro migliore stato di conservazione, quasi tutti fra quelli più recenti, risalenti al massimo al XV sec.) erano per noi interessanti un piatto o coperchio in ceramica comune di produzione nord-africana databile al V sec. (testimonianza della vita commerciale che ancora in questo periodo era piuttosto florida) e una coppa emisferica in vetro decorato con linee parallele costituenti motivi geometrici, anch’essa proveniente da un contesto coevo. Erano presentate, inoltre, delle monete provenienti dai fondali marini, ma straordinariamente conservate, come alcuni quarti di Alfonso XI re di Castiglia e Leon (in mistura, coniati in una zecca non determinabile tra il 1312 e il 1350) e alcuni quarti di Pietro I re di Castiglia e Leon (anch’essi in mistura e coniati, sempre in una zecca indeterminabile, tra il 1350 e il 1369).
2. Seguiva poi tutta una serie di pannelli e vetrine relativi ad altre zone specifiche di intervento nel tessuto cittadino, evidentemente ridotta rispetto all’esposizione di Genova, per presentare solo i luoghi di maggior interesse e rilievo; rimando per notizie più precise ed esaurienti le persone interessate al catalogo della mostra nella sua versione completa esposta a Genova.

Stefania Stevanato

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