Antonio Cartelli - Luisa Miglio - Marco Palma, Donne e cultura scritta nel Medioevo. Un archivio in rete «Ciò che è rivoluzionario dei testi elettronici è la loro navigabilità e interattività, non la loro capacità di imitare la carta stampata» (Stevan Harnad). Che il medioevo sia stato «avaro di confidenze e storie di vita» come sosteneva Christiane Klapisch-Zuber nel 1990 nell'introduzione al volume dedicato al medioevo della Storia delle donne di Georges Duby e Michelle Perrot, è indubitabile, ma, ci si chiede, è altrettanto vero che «queste donne del medioevo, alle quali padroni, mariti e censori negano la parola con tanta costanza, hanno alla fine lasciato più testi ed echi del loro dire, che tracce propriamente materiali»[1]? È per rispondere a domande come queste, per tentare di cogliere nel frastuono assordante del coro degli uomini le voci femminili o meglio di individuare nell'oceano infinito della produzione scritta maschile le parole materialmente vergate da donne che è nato Donne e cultura scritta nel medioevo, un progetto germogliato in un terreno di cultura preparato e reso soffice da precedenti contributi a stampa, tradotto in un database messo in rete nel settembre del 2000 (http://edu.let.unicas.it/womediev/). L'opportunità di pubblicare un sito incardinato al binomio donne/scrittura e di rendere disponibile a tutti, nella speranza di arricchirlo e migliorarlo, il magro archivio di nomi di donne cimentatesi, in ogni tempo e in ogni luogo dell'Europa occidentale, nel lavoro lungo e faticoso della copia di codici che si era venuto disordinatamente formando in funzione e in sostegno degli interventi appena ricordati, non può sfuggire, del resto, non solo a chiunque sia consapevole di quanto poco ancora sappiamo sulla partecipazione dell'altra metà del mondo alla produzione manoscritta, ma anche a chi, navigando in rete, rischia d'essere travolto da un'ondata di siti femminili, o femministi, ma nulla trova, neanche agli indirizzi presumibilmente più adeguati circa l'oscuro, tormentato e ignorato rapporto delle donne con la parola scritta. Vediamo, quindi, più da vicino le caratteristiche del sito cominciando col rileggere l'avvertenza che accompagna la pagina d'apertura: «Donne e cultura scritta nel medioevo si propone di costituire un archivio delle donne che hanno lasciato memoria di sé nelle testimonianze grafiche fino a tutto il secolo XV. Si prevede l'inserimento progressivo di nomi di copiste, con esclusione nella fase attuale, di altre figure (come ad esempio miniatrici e legatrici) che hanno partecipato direttamente alla produzione manoscritta [.] i dati sono ricavati di norma dallo spoglio di fonte edite, non dalla autopsia degli esemplari: di qui la loro sinteticità e disomogeneità, che si spera col tempo di ridurre», laddove fa piacere informare, a sottolineare ancora una volta la dinamicità del mezzo, che la speranza ha già cominciato a farsi realtà; dal settembre del 2000 ad oggi, infatti, alcuni codici sono stati direttamente visionati e forniti, perciò, di una scheda codicologica ampia esemplata su quella utilizzata nella serie dei Manoscritti datati d'Italia, con minime modifiche e l'aggiunta del lemma scrittura indispensabile sia per la natura stessa del database, sia perché in esso sono totalmente assenti, almeno per ora, per ragioni economiche che è facile immaginare, le riproduzioni fotografiche[2]. Di molti altri manoscritti si sta completando la descrizione che verrà quanto prima pubblicata in rete. Una delle caratteristiche principali dell'archivio, forse la più nuova rispetto ai tradizionali paradigmi scientifici[3], è infatti non solo la sua infinita accrescibilità ma soprattutto la continua, potenziale, mutabilità e perfettibilità dei dati in esso contenuti che, grazie ad un'apposita 'area riservata', i curatori possono modificare in ogni momento e da qualunque luogo, purché sia attivo un collegamento Internet. Grazie ad una seconda 'area pubblica' è invece possibile, a chiunque lo voglia, interrogare la base dati per ottenere l'elenco delle donne copiste, la lista dei manoscritti copiati da mano femminile o per indirizzare l'indagine su uno o più dei campi previsti. Che sono: nome personale della copista espresso in italiano, ove possibile (solo in caso di omonimia si è aggiunto il patronimico o il cognome); qualifica, o meglio stato, della copista, quando espressa nella fonte; anno attestato o arco cronologico presunto della testimonianza grafica; luogo di origine del codice, nella lingua nazionale; sigla della nazione cui appartiene attualmente il paese d'origine; segnatura del manoscritto; autori e titoli dei testi quantitativamente più significativi presenti nel manoscritto. Il campo Bibliografia, pur presente, non è interrogabile. Attraverso queste interrogazioni si scoprirà che sono stati immessi, fino a questo momento,l'ultimo aggiornamento del sito data al 19 febbraio 2003, i nomi di 166 donne e le segnature di 169 manoscritti, ricavati soprattutto, ma non solo, dallo spoglio dei Cataloghi dei manoscritti datati[4] e dei Colophons dei Benedettini del Bouveret[5]. I nomi coprono un arco temporale assai vasto, dalla famosissima Dulcia attiva verso la fine del secolo VIII sul ms. 423 della Bibliothèque municipale di Laon[6] e dalle altrettanto celeberrime nove monache di Chelles che copiarono codici per il vescovo Ildebaldo di Colonia[7] alle assai meno note, ma più numerose, monache che attraverso tutto il Quattrocento, a Firenze come a Nürnberg, a Perugia come a Gouda, intinsero la penna nell'inchiostro non per curiosità o per gioco come la bimbetta che si protende sulla sedia nella pagina d'apertura del sito ma per «sancta [.] obedientia»[8] e nella speranza di una ricompensa ultraterrena. Constateremo l'abbondanza di copiste nordiche - olandesi, belghe, tedesche - rispetto alle italiane e alle francesi e l'altrettanto schiacciante superiorità numerica delle religiose rispetto alle laiche. Ma soprattutto, convinti con Roger Chartier che « [.] la communication électronique des textes ne transmet pas par elle-même le savoir nécessaire à leur compréhension et à leur utilisation»[9], speriamo che si sviluppi il desiderio di conoscere meglio quei nomi, spesso più ripetuti che veramente conosciuti anche nei casi più noti, di prendere in mano quei codici, di girarne le carte, di studiarne la fattura e la scrittura.* Questo testo, con modifiche lievi e aggiornamenti significativi, riproduce la prima parte del contributo di L. MIGLIO - M. PALMA, Donne e cultura scritta nel medioevo: http: //edu.let.unicas.it/womediev/, in Segni per Armando Petrucci, a cura di L. MIGLIO e P. SUPINO, Roma, 2002, pp. 197-215: 197-205. Si ricorda la collaborazione di Belinda Della Valle alla prima fase di schedatura del materiale e di Paola Busonero e Elisabetta Caldelli al successivo aggiornamento.- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - [1] CH. KLAPISCH-ZUBER, Introduzione, in G. DUBY – M. PERROT, Storia delle donne. Il Medioevo, Bari, 1990, rispettivamente alle pp. 9 e 15. [2] L’aggiunta di immagini è tanto auspicabile da essere già stato predisposto nell’interrogazione su valori di singoli campi dei manoscritti lo spazio destinato a contenerle sotto la voce mano copista. [3] Cfr. A. CARTELLI - L. MIGLIO - M. PALMA, New Technologies and New Perspectives in Historical Research, «Informing Science», IV, 2001, pp. 61-66. [4] È stata utilizzata sia la serie storica dei Cataloghi dei manoscritti in scrittura latina datati o databili sia la nuova serie dei Manoscritti datati d’Italia; il riferimento bibliografico ai primi è composto dalla sigla della nazione cui il volume si riferisce seguita dal numero e dalla pagina che contiene i dati codicologici che interessano (per es. It I 87 indicherà la p. 87 del catalogo dei manoscritti datati della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, primo della serie italiana). [5] BENEDICTINS DU BOUVERET, Colophons de manuscrits occidentaux des origines au XIVe siècle, I-VI, Fribourg, 1965-1982 («Spicilegii Friburgensis subsidia», 2-7) citati come Col cui segue il numero d’ordine, senza indicazione di pagina. [6] Cfr. L. MIGLIO, “A mulieribus conscriptos arbitror”: donne e scrittura, in Scribi e colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa. Atti del seminario di Erice. X Colloquio del Comité international de paléographie latine (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello - G. De Gregorio, Spoleto, 1995 («Biblioteca del “Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria”», 14), p. 241. [7] Ivi, pp. 235-237. [8] «Istum libellum scripsit nobis utilis ac fidelis soror nostra Mechtildis Wolders ultimo vite sue tempore sancta exigente obedientia necnon pro ampliori devotione circa passionem dominicam habendam. Quo completo obdormivit in domino. Omnes legentes in eo ob speciale ipsius anime refrigerium devoto corde dicant: Requiescat in pace. Amen»; così si legge a c. 52v del ms. Wolfenbüttel 1286 (Col 13618) ma le espressioni di obbedienza e umiltà, unite alla richiesta di preghiere per l’eternità caratterizzano tutti, o quasi, i colofoni femminili. [9] R. CHARTIER, Lecteurs et lectures à l'âge de la textualité électronique, in Text-e: écrans et réseaux vers une transformation du rapport à l'écrit?, primo convegno interamente virtuale dedicato all’impatto di Internet sul testo scritto, la lettura e la diffusione delle conoscenze (http://www.text-e.org). |