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Colloquio Internazionale: La letteratura cavalleresca in Italia e in Spagna (1460-1550). Circolazione e trasformazione di generi, temi e argomenti a partire dal Medioevo (Seminario di Studi Romanzi dell'Università di Colonia, 3-5 aprile 1997)

Sovvenzionato dalla Fondazione Fritz Thyssen e dalle Ambasciate di Spagna e di Italia a Bonn e sotto la direzione organizzativa del Prof. B. König e del Dott. J. Gómez Montero, ha avuto luogo a Colonia un convegno sulla letteratura cavalleresca, con particolare attenzione alla ricezione, alla circolazione e all'evoluzione del genere cavalleresco nelle letterature italiana, spagnola e catalana, e alla trasformazione di forme, funzioni e ideologie a partire dai modelli medievali francesi. Quest'incontro di trentuno specialisti italiani, spagnoli, svizzeri e tedeschi è stato animato da un dibattito intenso e fecondo su aspetti comparativi delle letterature in oggetto e su questioni di critica metodologica e di teoria letteraria.

Il Convegno è stato diviso utilmente in sei gruppi tematici:
1. Aspetti generali e teorici.
2. La letteratura cavalleresca in Italia dal sec. XIII al sec. XV.
3. La letteratura cavalleresca in Spagna.
4. Contatti tra la letteratura cavalleresca italiana e spagnola.
5. Influenza della letteratura cavalleresca in altri generi letterari e nella società dell'epoca.
6. Da Ariosto a Tassoni a Cervantes.

Per gli aspetti generali e teorici, illuminante è stato l'intervento di P. Cátedra sul rapporto fra la pratica dei tornei, soprattutto nella Spagna del XVI sec., e la sua trasposizione letteraria. Cátedra sottolinea come, soprattutto durante i regni di Filippo il Bello e di Carlo V, il torneo rappresentasse la più importante manifestazione pubblica del potere monarchico, e che un cambiamento sostanziale si produsse nella seconda metà del regno di Filippo II, quando il re, per modificare l'assetto sociale dell'istituzione nobiliare, trasformò giostre e tornei in feste urbane. Nei libri di cavalleria si registrerebbe proprio questa mutazione radicale del rito cavalleresco, giacché è evidente una loro tendenza a diventare narrazioni di feste cavalleresche. Interessanti anche gli spunti offerti da V. Infantes, sulla relazione tra i titoli dei libri di cavalleria e le riflessioni contemporanee intorno ai generi letterari, e da K. W. Hempfer, sul ruolo svolto dal dibattito italiano nella teoria del romanzo del canonico del Don Quijote.

In campo italiano, numerosi gli interventi degni di nota. Ricordiamo gli studi di P. Orvieto, sulla circolazione di temi nella letteratura cavalleresca, dai poemi franco veneti ai poemi italiani, di A. Fontana che, partendo da una chanson de geste del ciclo carolingio, l'Aiol, rivela i diversi gradi di elaborazione della materia antica francese nella letteratura italiana dal XIII al XV sec. e di R. Ankli, con un'analisi di un cantare a tutt'oggi poco studiato, l'Altobello; mentre al Boiardo e all'Ariosto è stata rivolta l'attenzione di F. Penzenstadler, G. Günter e K. Stierle, rispettivamente sul tema della cortesia nell'Orlando Innamorato, sul motivo dell'ingegno e della pazzia da Dante all'Ariosto e sull'Orlando Furioso.

In ambito spagnolo, J. M. Cacho Blecua ha dedicato il suo intervento a un singolare libro di cavalleria manoscritto e anonimo: La corónica de Adramón. Cacho Blecua si preoccupa di fissarne la data di composizione attraverso deduzioni storiche e filologiche, giungendo a spostare in avanti di oltre venti anni la datazione finora accettata, dal 1492 a Cinquecento inoltrato (approssimativamente tra il 1519 e il 1530), e di tracciare la probabile fisionomia del suo autore. Cacho Blecua conclude ritenendo che l'Adramón sia un'opera che deve la sua realizzazione alle intense relazioni ispano-italiane del XVI sec., giacché rielabora motivi presenti tanto nel Guerin meschino, come nell'Amadís e nel Tirant lo Blanch.

Sempre per la sezione spagnola, sono state presentate le relazioni di J. Guijarro Ceballos, E. Sarmati, A. Hauf e R. Beltrán.
Guijarro studia da vicino uno dei più frequenti motivi strutturali della natura ciclica dei libri di cavalleria spagnoli: l'incantesimo dell'eroe. Il suo intervento ha come oggetto il ciclo dei clarianes, ossia le due continuazioni del Libro primero de don Clarián de Landanís di Gabriel Velázquez de Castillo: la Segunda parte de don Clarián de Landanís di Jerónimo López e il Libro segundo de don Clarián di Álvar Pérez de Guzmán. Sarmati dà un'ulteriore contributo al chiarimento di uno dei topos più emblematici della letteratura cavalleresca spagnola: il luogo comune del manoscritto ritrovato, che rende gli autori dei libri di cavalleria traduttori di una cronaca antichissima. In particolare si sofferma sulla fisionomia degli autori fittizi e sui problemi relativi alle tecniche di traduzione. Come ultimo punto prende in esame la formulazione di questo medesimo luogo comune nel Quijote.
Le due narrazioni cavalleresche catalane, il Curial i Guelfa e il Tirant lo Blanch, sono state, invece, oggetto delle relazioni di Hauf e Beltrán.

Particolarmente degno d'attenzione si è rivelato il settore dedicato ai contatti Italia-Spagna. In quest'area sono stati presentati interessanti studi su adattamenti spagnoli di opere italiane e latino-maccheroniche: segnaliamo N. Baranda sull traduzione spagnola del Guerin meschino, B. König e G. Salvador sul Baldo.
Di rilievo anche i contributi di A. Bognolo e V. Foti. Bognolo si è occupata di chiarire l'operato di Mambrino Roseo da Fabriano, traduttore e autore fecondissimo, che volse in italiano entrambi i cicli dell'Amadís e del Palmerín.
In particolare descrive la sua prima continuazione italiana dell'Amadís, come aggiunta al IV libro della serie, lo Sferamundi di Grecia.
Foti, invece, ha delineato i mutamenti semantici nelle traduzioni italiane dell'Amadís (esattamente della traduzione di M. Roseo da Fabriano, nel poema l'Amadigi di Bernardo Tasso e in una versione tardo-settecentesca), evidenziando l'influsso della precettistica italiana del Cinque-Seicento sulle scelte stilistiche e lessicali dei traduttori, sugli interventi di attualizzazione e sulle operazioni di censura.
La continuazione spagnola del Tristán de Leonís (1534) è stata oggetto dell'intervento di A. Gimber, che rintraccia nel testo evidenti eco della rivolta dei Comuneros, durante la monarchia di Carlo V.
Gimber esegue anche uno studio comparativo tra l'opera spagnola e la sua traduzione italiana, rivelando, come già Foti, la diversa ideologia che informa le due: lo versione italiana si colloca all'interno di ideali più apertamente rinascimentali.

Riguardo al rapporto tra narrazioni cavalleresche (romanzi, poemi, libri di cavalleria) e altri generi letterari, J. Rodríguez Velasco ha esaminato la trasmissione della dottrina cavalleresca nella trattatistica filosofico-morale del medioevo e del rinascimento, mentre A. del Río ha rintracciato nel Cirongilio de Tracia e nel Clarián de Landanís un tipo di divertimento cortigiano basato sulla destrezza verbale di facezie e motti di spirito, le cui regole possono essere rintracciate nei trattati rinascimentali sulla cortesia, primo fra tutti Il Cortegiano di B. Castiglione.
W. Hempel ha sottolineato la persistenza della materia carolingia nel teatro barocco. I

l convegno si è concluso con le relazioni di M.C. Cabani e J. Gómez Montero.
Cabani, definite le caratteristiche del cliché del 'cantore cieco', ne traccia l'evoluzione nella letteratura eroico-comica, rappresentata dal Tassoni e da Marino.
Gómez Montero ha affrontato il problema delle novelle interpolate, dal Boiardo a Cervantes, sia da un punto di vista compositivo-strutturale che precettistico-teorico.

Gli Atti del Convegno si possono avere scrivendo a: Prof. Bernhard König- Dr. Javier Gómez Montero, Romanisches Seminar der Universität zu Köln, Albertus-Magnus-Platz, 50923 Köln; posta elettronica: a2584751@smail1.rrzuni-koeln.de.

Elisabetta Sarmati

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