ti trovi in:  Home > Lingua letteraria e volgari d'Italia

NICOLA MARINI, "Fonetica e morfologia del “Libro mastro” di Pasquale di Santuccio", in Contributi di Filologia dell’Italia Mediana, IX 1995, pp. 287-428.

Il libro mastro del mercante aquilano Pasquale di Santuccio, redatto nel 1471-1473 con il sistema contabile della partita doppia, presumibilmente dallo stesso Pasquale di Santuccio, e conservato nell’Archivio di Stato dell’Aquila, è documento di grandeinteresse, non solo linguistico, tale da meritare la considerazione anche degli studiosi di storia economica medievale. Il Marini ha in preparazione l’edizione del testo completa di glossario per una delle collane patrocinate dalla Deputazione abruzzese di storia patria.
La “medianità” linguistica del testo si lascia facilmente riconoscere nonostante alcune deroghe, come l'assenza quasi totale di -u finale (che compare quasi solamente nell’articolo lu ed è invece attestato a quest’altezza cronologica da altri documenti aquilani), mentre meno lampante si rivela l’appartenenza all’area linguistica aquilana (sono assenti infatti alcuni tratti tipici, come il tipo au, fau, stau, ecc.). Tuttavia non mi dilungherò nel riassumere l’analisi fonetica e morfologica che costituisce l’oggetto dello studio del Marini e che si rivela anche a una prima indagine minuziosa e condotta con mano sicura (tra l’altro lo studioso ha fruttuosamente utilizzato una bibliografia critica amplissima e aggiornata, e ha attinto ad un ricco serbatoio di spogli personali). Mi limiterò a mettere in evidenza quello che - oltre ad alcuni interessanti tratti demotici (il tipo faczo, la palatalizzazione di sibilante davanti a i vocalica, la palatalizzazione di laterale di fronte a o) - mi è parso uno dei dati salienti emersi dallo studio del libro mastro: l’alternanza di forme metafonetiche e di forme non metafonetiche nei nomi propri, a seconda della provenienza geografica e dalla posizione sociale della persona designata. Se cioè la persona nominata proveniva da zone dove non era attiva la metafonesi, o se la sua qualifica professionale era prestigiosa, la forma non metafonetica era prevalente o comunque presente (e viceversa). Insomma: notaro Domenicho de Pizulo, ma Jacomo Francisco vitturale. Tra i nomi comuni invece, presentano più frequentemente forme metafonetiche quelli legati alla realtà economico-pastorale: ritj ‘reti’ (da pecora), pollitrj ‘puledri’, tonneturj ‘tosatori’ e altri (e così i numerali dudicj, sidicj, tridicj, in cui potrebbero aver agito anche fenomeni di armonizzazione vocalica e la compattezza della serie “dodici”, “tredici”, ecc.). Spiegazione similmente persuasiva dà il Marini per la distribuzione sistematica del tipo Pietro (per designare persone provenienti da Milano, Venezia, Perugia, Firenze, ecc.) di contro a Petrj (usato per persone provenienti dall’Aquila o dal contado contermine).

Leonardo Rossi

Inizio paginaChi siamoEdizioni SpoliaCollabora con noiRassegna stampaPartnerIn English