Letteratura Italiana Antica PREMESSA al primo numero È opportuna la fondazione di un'ennesima rivista di letteratura italiana? La risposta è sì, per almeno quattro buone ragioni: 1. Nel campo dell'italianistica - e in generale in ogni settore di studi - non è più pensabile, oggi, di continuare a proporre progetti culturali vieti ed angusti, ormai affatto anacronistici, che contrastino l'attuale, insopprimibile tendenza degli studiosi di tutto il mondo a stabilire contatti di collaborazione strettissima e punti d'incontro sempre più numerosi e altamente qualificati. È necessario, invece, approfondire l'analisi della storia linguistica e letteraria d'Italia attraverso il coinvolgimento dei più rinomati specialisti stranieri. Questo, peraltro, è il modo più idoneo per favorire la diffusione della nostra arte e della nostra cultura nel mondo. La «Letteratura italiana antica» (LIA), rivista internazionale, è la sede in cui studiosi italiani e studiosi stranieri si confrontano su comuni temi di ricerca con indiscutibile vantaggio per il progresso degli studi. Conseguentemente, il Comitato scientifico di LIA è formato da prestigiosi rappresentanti italiani, ma annovera anche gran parte dei migliori italianisti stranieri. La risposta a questo progetto ambizioso e rivoluzionario è stata entusiastica, addirittura plebiscitaria, ben al di là delle più rosee aspettative. Ed è con profondo orgoglio che posso affermare che LIA è la prima rivista italiana a vantare un Comitato scientifico planetario, in quanto copre i cinque continenti con gli italianisti più illustri del globo terracqueo. Non c'è nulla di simile né in Italia né nel mondo intero. Finora sono rappresentate, e al massimo livello, ben trentanove nazioni: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Repubblica Ceca, Città del Vaticano, Corea del Sud, Croazia, Danimarca, Egitto, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Israele, Italia, Lituania, Malta, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Spagna, Stati Uniti d'America, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Ungheria, Uruguay e Vietnam. Ma, pur soddisfatti, non intendiamo assolutamente arrestare l'espansione culturale di LIA, poiché è nostra ferma volontà acquisire altri eminenti studiosi, sia delle nazioni già presenti che di quelle ancora assenti. Ad eccezione di non molti casi, le principali università del mondo sono rappresentate. Nella sola Italia hanno risposto all'appello ben ventuno città universitarie (e spesso con più atenei): Bari, Bologna, Catania, Ferrara, Firenze, Genova, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Pisa, Roma, Siena, Udine, Università della Calabria, Urbino e Venezia. E anche nella nostra nazione desideriamo diffonderci più capillarmente ancora. Per giunta, accanto alle più prestigiose sedi universitarie internazionali sono presenti accademie e istituti della massima autorevolezza, quali la Crusca ed il Warburg. Come nei programmi, il Comitato, fin da questo primo numero, si è mostrato eccezionalmente attivo. Proprio per favorire al massimo la collaborazione dei vari membri ho preso la decisione - rivoluzionaria per una rivista italiana - di accettare articoli anche in francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese, alla sola condizione che siano accompagnati da un breve sunto dell'articolo stesso in lingua italiana. 2. Se le riviste di critica letteraria abbondano, quelle di filologia italiana sono in numero decisamente esiguo, nonostante alcune di esse abbiano costituito, e costituiscano ancor oggi, degli importanti punti di riferimento. 3. Le altre riviste di filologia italiana non si sono poste sbarramenti temporali precisi, ma spaziano lungo l'intero arco della nostra letteratura. 4. In tutte le riviste esistenti le edizioni di testi, specie se inediti o rari, occupano uno spazio irrisorio e assolutamente episodico rispetto a quello riservato ai saggi. LIA intende ribaltare queste tendenze, dando rilievo primario alla pubblicazione di testi inediti, che si trovano ancora numerosissimi nelle biblioteche italiane e straniere e che, se venissero editi e studiati, consentirebbero di riscrivere interi capitoli della storia letteraria e linguistica d'Italia e getterebbero nuova luce sui cosiddetti "maggiori", i quali rappresentano i prodotti più alti di quella imprescindibile humus culturale per tanta parte colpevolmente obliata e negletta. Per tale ragione l'esumazione dei testi inediti è, a mio giudizio, il primo dovere di un filologo. Di questa esigenza mi resi conto già agli esordi della mia carriera di studioso, allorché realizzai il titanico progetto dei Lirici toscani del Quattrocento, consistente nella pubblicazione, a soli ventitré anni d'età, di millecinquecento testi inediti di un centinaio di rimatori, alcuni dei quali affatto sconosciuti. Ed è oggi mio fermo proponimento perfezionare e completare quell'opera. Penso, ad esempio, alla pubblicazione dell'enorme produzione poetica del pistoiese Tommaso Baldinotti, ammontante a circa tremilacinquecento rime, per la quasi totalità inedite. Già da questo numero Sara Esposito stampa il canzoniere Forteguerriano A 59; nel secondo uscirà il Liber Pamphilianus a cura di Mirella Moxedano Lanza; nei successivi saranno pubblicati, ad opera di vari curatori - tra i quali io stesso -, i Forteguerriani A 58, A 60, A 61 e il Magliabechiano VII 1148. E non verranno editi solo testi strettamente letterari, ma anche opere d'interesse più propriamente storico-culturale (cronache, libri di famiglia, relazioni di viaggio, epistolari, trattatelli d'arte, di metrica, di musica...), scientifico o linguistico (libri di conti, trattati di medicina, di ottica e altre scritture di carattere pratico). Ecco la ragione della presenza, nel Comitato, di insigni studiosi di storia politica, di storia dell'arte, di storia della musica, di storia della filosofia e di storia della scienza. Né i testi editi saranno esclusivamente in lingua italiana, ché verranno stampate anche opere di autori italiani scritte in altre lingue romanze, o in greco o in latino, attentamente supervisionate dai prestigiosi filologi romanzi e dagli illustri esperti di letteratura latina medievale, bizantina e umanistica che fanno parte del Comitato. Oltre all'edizione di testi inediti, LIA si pone il duplice obiettivo di ristampare scritti di particolare rarità, ma anche opere che, pur se in circolazione, si presentino con una veste talmente mutata da giustificarne una nuova edizione. LIA si occupa del periodo che va dalle origini all'età del Magnifico compresa, la quale, pur nella nuova prospettiva rinascimentale, è così permeata di elementi della grande tradizione trecentesca da poter essere senz'altro inclusa nell'àmbito di pertinenza della rivista. Come credo di aver dimostrato nel mio saggio La letteratura tardogotica. Arte e poesia a Firenze e Siena nell'autunno del Medioevo, la produzione letteraria di questi tre secoli - che procede di pari passo con quella pittorica, scultorea, architettonica e musicale - appare così innervata di stilemi del gotico fiorito che, specie per il periodo compreso tra il 1340 ed il 1440, può legittimamente essere definita tardogotica. Tuttavia, accogliendo di buon grado la proposta di alcuni autorevoli membri del Comitato, LIA sarà aperta ad edizioni di testi e a saggi concernenti il secolo XVI in casi che rivestano particolare interesse linguistico, letterario o storico-culturale. Se si considera il quasi millenario percorso della nostra letteratura, si vedrà che quest'epoca è la sola in cui l'Italia possa vantare il primato indiscusso sulle altre letterature europee. Per questo motivo le opere di tale irripetibile stagione meritano di essere indagate a fondo, con una cura speciale. Ad eccezione degli esordi siciliani e di una spiccata presenza dell'Umbria nella produzione religiosa dugentesca e altotrecentesca, il predominio della Toscana nella letteratura italiana dell'età aurea appare assoluto. In questa fulgida stagione Firenze, in particolare, resulta la capitale culturale ed artistica dell'Occidente, come in passato solo Atene e Roma erano state. Per questo l'invitto giglio fiorentino campeggia, impresso in oro zecchino, sulla copertina. Per quel che concerne gli articoli, verranno stampati esclusivamente contributi di carattere filologico, linguistico, storico-letterario e storico-culturale, nonché meticolose ricerche sulle fonti delle opere, in linea con il metodo della severa scuola positivistica, alla cui nobile lezione di concretezza, di probità scientifica e di rigore sempre mi sono richiamato. Non, quindi, una vacua comparatistica a ruota libera, ma puntigliose indagini che, partendo sempre da testi italiani, individuino fonti classiche, fonti europee e fonti arabe. L'eccezionale posizione geografica dell'Italia ha favorito, infatti, l'incontro e gli scambi con le più svariate culture: francese, provenzale, iberica, mitteleuropea, bizantina, ebraica, araba e - attraverso il ruolo straordinario rivestito da Venezia - orientale. La cultura araba, in particolare, si rivela d'importanza decisiva per il più ampio discorso sulla cultura del Mediterraneo, al centro del quale l'italica penisola campeggia. L'unica chiusura di LIA investe certe vacue tendenze della critica letteraria, di ieri come di oggi. Il testo, insomma, come espediente per gratuite esercitazioni estetizzanti, psicanalitiche, formalistiche o ideologiche. Resta più che mai valida, al riguardo, la severa riflessione di Pio Rajna, posta come prima epigrafe nel frontespizio di LIA: «Delle idee non ho paura; bensì, là dove si tratta di scienza, ho paura di ciò che senza essere idea se ne dà l'aria; ho paura delle concezioni subiettive; ho paura di quel fenomeno per cui nelle nubi ci accade di veder draghi, giganti, eserciti, castelli, che, vissuti un momento nella nostra fantasia, bentosto si trasformano e si dissolvono». Posso, infine, garantire che non ci sarà spazio alcuno per le polemiche rissose e per gli attacchi personali, nel rispetto più assoluto delle differenti posizioni civilmente espresse, poiché sottoscrivo senza riserve le nobili parole con cui Domenico Guerri - e si tratta della seconda epigrafe apposta nel frontespizio di LIA -, concludeva il suo gran libro La corrente popolare nel Rinascimento, che ha avuto un ruolo determinante nella mia formazione culturale assieme alle opere di Alessandro Wesselofsky, di Giosue Carducci, di Francesco Flamini, di Vittorio Rossi, di Francesco Novati, di Pio Rajna, di Georg Voigt, di Alessandro D'Ancona, di Ernesto Monaci, di Isidoro Del Lungo, di Rodolfo Renier, di Ernesto Giacomo Parodi, di Ezio Levi e degli altri esponenti della gloriosa scuola storica: «Nella lotta per raggiungere il vero siamo e dobbiamo essere solidali; e non ci sono né vincitori né vinti. Vinciamo tutti, e a chi tocchi di additare una verità prima ignorata, e a chi convenga di abbandonare un errore. Gli studi, anche questi aspri di erudizione, son belli soltanto se uno mira a tale perpetua vittoria». Antonio Lanza PREMESSA al secondo numero Quando nel giugno del 1998 ebbi l'idea di fondare LIA, non supponevo minimamente di avviare un'impresa di così vasta portata. Da tempo desideravo avere una mia rivista che fosse totalmente immune dalle pastoie accademiche che frenano e condizionano tante iniziative culturali nel nostro Paese; ed era mio fermo intendimento rendere il nuovo periodico un organo interamente libero da pressioni e compromessi, affrancandolo dagli angusti orizzonti del provincialismo e conferendogli, per contro, un respiro realmente internazionale: anzi intercontinentale. Ed io, che ero sempre stato uno studioso volutamente isolato, cominciai a scrivere - aiutato da alcuni carissimi amici, quali Enzo Esposito e Guglielmo Gorni innanzitutto; e quindi, Zygmunt G. Baranski, Dainius Bure, Nelia Cacace Saxby, Rino Caputo, Franco Cardini, Antonio Carrannante, Claude Cazalé Bérard, Marcello Ciccuto, Antonio Corsaro, Bruno Ferraro, Amilcare A. Iannucci, Christopher Kleinhenz, Marco Lucchesi, Michelangelo Picone, Franco Polcri, Silvia Rizzo, Luciano Rossi, Luca Serianni, Giovanni Sinicropi, Ruggero Stefanini, Helga Tepperberg, H. Wayne Storey e Gerasimos Zoras - a parecchi valorosi colleghi stranieri ed italiani esperti della nostra lingua e letteratura antica, ma anche ad insigni studiosi di storia dell'arte, di storia politica, di storia economica, di storia della musica, di storia della filosofia e di storia della scienza del Medioevo e del Rinascimento, nell'assoluta convinzione che non si possa fare filologia senza storia della cultura e che non si possa fare storia della cultura senza filologia. Ben presto le risposte cominciarono ad arrivare, sempre più numerose, in misura addirittura esponenziale. In esse scorgevo un vivo entusiasmo, una convinta e piena adesione alle linee programmatiche da me tracciate: edizione di testi inediti o rari in primo luogo; riscoperta sistematica dei cosiddetti "minori", ai quali conferire piena dignità, poiché la storia della lingua e della cultura si fa indagando a fondo la humus culturale, e non tanto concentrandosi sui "maggiori", che proprio da quella humus, così negletta, si generano e traggono linfa vitale; studi di carattere filologico-linguistico e storico-culturale; chiusura netta a certe correnti critiche che, da convinto positivista, ho sempre giudicato assai negativamente. Col passare dei mesi - come ebbi a scrivere nella Premessa al primo numero di LIA - il Comitato scientifico della rivista aveva raggiunto proporzioni enormi ed un tasso di prestigio scientifico impressionante e senza pari: l'illustre collega John A. Scott, dell'Università di Perth, in una bella lettera lo ha definito - cogliendo perfettamente lo spirito dell'iniziativa - «una vera res publica litterarum nel Duemila». Tra le ragioni di tanto consenso ci sono la validità della formula - ossia l'idea di puntare fondamentalmente sui testi - il carattere internazionale della rivista; la sua posizione pluralistica, con il conseguente rifiuto di qualsiasi polemica settaria, nel pieno rispetto delle differenti opinioni civilmente espresse; l'alto livello - universalmente riconosciuto - del primo numero, contenente saggi di studiosi del calibro di Ruggero Stefanini, Guglielmo Gorni, Luca Serianni, Franco Cardini e Giuseppe Tardiola, edizioni di testi inediti o rari (la parte relativa all'Inferno di un commento tràdito dal Laurenziano XL 37 derivato da Benvenuto a cura di Massimo Seriacopi; tre lettere di Jacopo di Francesco del Bene sul suo viaggio alla Tana nel 1388 a cura di Paola Neri e di Maddalena Caini; l'Acquattino di ser Domenico da Prato, per il quale mi sono potuto servire dello sconosciuto codice 900 di proprietà del bibliofilo norvegese Martin Schøyen; e l'inedito canzoniere Petreto del sacerdote pistoiese Tommaso Baldinotti, vissuto tra il 1451 e il 1511, a cura di Sara Esposito) e recensioni firmate da insigni colleghi, quali Giovanni Sinicropi e Rino Caputo; ed infine, credo, la sicurezza di aderire ad un'impresa diretta da una persona che, fin dall'adolescenza, ha un'autentica passione per i testi di lingua, e più in generale per la ricerca pura e totalmente disinteressata, e che non ha mai avuto secondi fini, né di carriera, né di potere: cose che mio Padre mi insegnò a non tenere in alcun conto e che, pertanto, mi sono completamente estranee. In meno di un anno gli abbonamenti sono stati così numerosi da superare ogni più rosea previsione: tutte le principali biblioteche del mondo, infatti, si sono abbonate o vanno regolarmente abbonandosi. Un resultato di cui si può essere fieri. A ciò si aggiungano un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la partecipazione della de' Liguori & Partners del dottor Alberto de' Liguori, figlio dell'indimenticabile marchese Giuseppe, Presidente della Banca Nazionale dell'Agricoltura, che mi onorava della sua stima e della sua prestigiosa amicizia, come, del resto, ancor oggi fa la sua gentile signora, illustrissima marchesa Giuseppina. Una serie di eventi di grande importanza nella storia di LIA si è verificata in questo memorabile 2000. Il primo è consistito certamente nella presentazione ufficiale del nuovo periodico fatta dall'amico Marcello Ciccuto nell'ultimo Convegno dell'A.I.S.L.L.I., tenutosi nello scorso giugno a Gardone Riviera, e voluta dall'esimio amico professor Vittore Branca: ciò ha indubbiamente rappresentato un'occasione unica per far conoscere la rivista nel più autorevole consesso dell'italianistica mondiale. Ad esso ha fatto séguito, a fine giugno, la mia partecipazione al Convegno Internazionale di Studi Una battaglia nel mito. Anghiari: la battaglia e Leonardo, ideato da quell'illuminato e grande amico che è Franco Talozzi, ex sindaco di Anghiari, e realizzato dal Comune e dalla Pro Loco, sapientemente assistiti dal dotto amico Franco Polcri. Nell'incantevole cittadina della Val Tiberina - patria di Domenico Guerri - ho potuto interessare alla rivista illustri studiosi di storia dell'arte, di storia politica e di araldica, nonché confrontarmi, nella giornata dedicata alla sezione letteraria, con le insigni colleghe ed amiche Nelia Cacace Saxby e Nerida Newbigin, che mi hanno fornito preziosi consigli. In ottobre, presso la sede della Biblioteca Clementina di Anzio ha avuto luogo un incontro coordinato dal fraterno amico Clemente Marigliani - benemerito Direttore organizzativo di LIA -, cui hanno partecipato relatori illustri, quali l'onorevole Vincenzo Scotti, Presidente della Link Campus University of Malta, Dante Della Terza e Rino Caputo, che si sono soffermati partitamente sui molteplici aspetti della rivista. Da ultimo va ricordato l'intervento dell'amico Bruno Ferraro, che ha autorevolmente rappresentato LIA nel convegno Le riviste di italianistica nel mondo svoltosi a Napoli a fine novembre. Ma c'è di più. All'inizio dell'estate, la casa editrice Cadmo di Firenze - la città a me più diletta, dove operano le due ditte distributrici di LIA: la Casalini e la Licosa, che hanno concorso a dare un notevole incremento alla campagna di abbonamenti - mi ha affidato la direzione di due collane che s'ispirano dichiaratamente alla rivista, «I Testi di LIA» e «I Saggi di LIA», e che vedranno la luce nel 2001; nella seconda stanno per uscire due volumi firmati da studiosi universalmente considerati tra i maggiori dantisti al mondo: Dante prima della Commedia di Guglielmo Gorni e Chiosar con altro testo. I lettori di Dante nel Trecento di Zygmunt G. Baraski; ad essi farà séguito Figure d¹artista. La nascita delle immagini alle origini della letteratura di Marcello Ciccuto. Queste collane marceranno a fianco della rivista ed ospiteranno esclusivamente studiosi di riconosciuta caratura internazionale. Nel frattempo le adesioni al Comitato scientifico di LIA aumentavano a dismisura, tanto che, per meglio gestire la fitta rete di rapporti internazionali, ho ritenuto opportuno nominare, in qualità di prestigioso collaboratore, un Direttore delle relazioni internazionali nella persona di Sua Eccellenza Dottor Anton G.O. Smitsendonk, Ambasciatore d'Olanda e dotto umanista. Ed è ora mio cómpito graditissimo porgere il benvenuto innanzitutto a cinque nuove nazioni, che portano a quarantaquattro il numero di quelle presenti: l'Albania, la Bulgaria, la Cina, la Scozia e la Tailandia, rappresentate, rispettivamente, dai professori Blerina Suta (Elbasan) e Ali Xhiku (Tirana), Daniela Ianeva (Sofia), Lü Tongliu (Pechino), Carlo Caruso (St. Andrews) e Sombat Chantornvong (Bangkok); e quindi ai seguenti valorosi colleghi, che fanno giungere a centonovantadue i componenti del Comitato: Maria Accame Lanzillotta (Roma), John Ahern (Vassar College, Poughkeepsie, NY), Gloria Allaire (Gettysburg College, PA), Maria João Almeida (Lisbona), Paolo Bà (Arezzo), Teodolinda Barolini (Columbia Univ., New York), Marvin B. Becker (Univ. of Michigan, Ann Arbor), David P. Bénéteau (Seton Hall Univ., South Orange, NJ), Carlo Bertelli (Univ. della Svizzera Italiana, Mendrisio), Filippo Bettini (Roma), Mirko Bevilacqua (Roma), Concetta Bianca (Roma/Firenze), Luigi Borgia (Firenze, Sovr. Archiv. per la Toscana), Vanni Bramanti (Padova), Alberto Busignani (Firenze), Theodore J. Cachey Jr. (Univ. of Notre Dame, IN), Antonio Carrannante (Roma), Giovanni Cherubini (Firenze), Maria Grazia Ciardi Dupré dal Poggetto (Firenze), Michele Ciliberto (Firenze), Gigetta Dalli Regoli (Pisa), Peter Dinzelbacher (Salisburgo), Smaranda Elian Bratu (Bucarest), Graziella Federici Vescovini (Firenze), William Franke (Vanderbilt Univ., Nashville, TN), Francesco Furlan (Parigi), Gian Carlo Garfagnini (Firenze), Antonio Illiano (Univ. of North Carolina, Chapel Hill), Victoria Kirkham (Univ. of Pennsylvania, Philadelphia), Richard H. Lansing (Brandeis Univ., Waltham, MA), Manfred Lentzen (Münster), Carlos López Cortezo (Madrid), Massimiliano Mancini (Roma), Paola Manni (Firenze/Chieti), Jean-Jacques Marchand (Losanna), Rita Marnoto (Coimbra), Roberto Mercuri (Roma), Paolo Orvieto (Firenze), Marco Paoli (Lucca), Emilio Pasquini (Bologna), Carlo Pedretti (UCLA, Los Angeles), Théa Picquet (Aix-en-Provence), Giuliano Pinto (Firenze), Pasquale Sabbadino (Napoli), Franco Suitner (Venezia), Luigi Surdich (Genova), Ugo Vignuzzi (Roma), Claudia Villa (Bergamo), Inna Pavlovna Volodina (San Pietroburgo), Ronald G. Witt (Duke Univ., Durham, NC), Michelangelo Zaccarello (Oxford) e F. Frank Zöllner (Lipsia). Con il loro ingresso la struttura ed il prestigio scientifico di LIA resultano ulteriormente potenziati. Ciò che maggiormente mi rallegra è il fatto che con la massima parte dei membri del Comitato ho instaurato un rapporto che non è più solo di collaborazione scientifica, ma che è divenuto di personale amicizia; e sono davvero lieto che tanti colleghi di passaggio a Roma, provenienti da ogni parte del mondo, anche da quelle più remote, siano venuti a trovarci e ci abbiano fatto l'onore di essere nostri ospiti. Infine, abbiamo avviato una stretta collaborazione con la rivista «Albertiana», edita dalla S.I.L.B.A., che gli abbonati di LIA potranno acquistare a condizioni speciali, così come i membri della S.I.L.B.A. usufruiranno di uno sconto particolare sul prezzo di LIA. Mi auguro di fare presto la medesima cosa con altre riviste i cui direttori sono membri del Comitato. Questo secondo numero s'impone per un dato significativo: la partecipazione di numerosi insigni colleghi stranieri o che, comunque, operano all'estero: Michelangelo Picone, dell'Università di Zurigo, analizza da par suo la struttura prosimetrica della Vita nova. Wilhelm Pötters, dell'Università di Würzburg, individua, con raro acume, i rapporti geometrici intercorrenti tra Vita nova e Comedìa. Andreas Kablitz, dell'Università di Colonia, propone una penetrante interpretazione del canto di Ulisse attraverso il fitto riscontro con i testi scritturali e patristici. Margherita Pampinella, dell'Università del Wisconsin, reperisce persuasivi riscontri classici nei sonetti dialogici di Cecco Angiolieri. Nelia Cacace Saxby, dell'Università di Città del Capo, descrive con estrema acribia il codice 240 della Biblioteca di Classe di Ravenna, contenente il canzoniere del quattrocentista pesarese Raniero degli Almerici, in vista della sua prossima edizione per la prestigiosa e benemerita «Collezione di opere inedite o rare» della Commissione per i testi di lingua di Bologna. Marco Lucchesi, dell'Università di Rio de Janeiro, ci consegna alcune originali impressioni di fine lettore sul Libro dell'amore di Marsilio Ficino. Marina Marietti, della Sorbona, recensisce puntualmente l'importante traduzione con commento del De principatibus di Machiavelli curata da Jean-Louis Fournel e da Jean-Claude Zancarini. Passando ai contributi di studiosi italiani, Massimo Seriacopi pubblica la parte relativa al Purgatorio dell'inedito commento volgare laurenziano, di cui nel primo numero di LIA aveva stampato la sezione concernente l'Inferno. A Mirella Moxedano Lanza si deve l'esumazione dell'inedito Liber pamphilianus - raccolta di rime volgari di stile aulico, che consta di 257 componimenti - di Tommaso Baldinotti, di cui verrà pubblicato, sotto la mia direzione, l'intero corpus poetico. Io stesso do finalmente alla luce l'amplissimo poema inedito El libro de' ghiribizzi di Giovanni di Zanobi di Manno Betti, lanaiolo fiorentino; si tratta di un'interessantissima raccolta di proverbi in 12.248 versi endecasillabi, suddivisi in istrofe tetrastiche, tratta da due codici esemplati, su incarico dell'autore, nel 1461 e nel 1463. Francesco Filippo Minetti, della Scuola di paleografia musicale in Cremona dell'Università di Pavia, stampa due notevoli canzoni di Giulio Avogaro, misconosciuto tabellarius del Bembo, corredandole di acute notazioni. Seguono un mio ricordo della carissima e compianta Aurelia Accame Bobbio; la recensione del mirabile Boccaccio visualizzato di Vittore Branca a firma di un esperto del livello di Marcello Ciccuto, dell'Università di Pisa, e quelle del bel libro La regola e la licenza. Studi sulla poesia satirica e burlesca fra Cinque e Seicento di Antonio Corsaro, dell'esaustiva monografia sul Cariteo di Beatrice Barbiellini Amidei e delle due preziose serie delle Carte romanze dirette da Alfonso D'Agostino, curate, rispettivamente, da Monica Cerroni e dalle mie allieve Marta Ceci e Marcellina Troncarelli. Chiude il numero l'indice degli autori e delle opere anonime redatto da Mirella Moxedano Lanza. A confermare definitivamente il grande successo dell'iniziativa c'èè il fatto che il terzo numero è ormai completo e che sta già arrivando materiale per il quarto. Nessuna preoccupazione per i collaboratori: si aumenterà, in caso, il numero delle pagine, ma non si muterà la periodicità della rivista, che resterà annuale. Desidero ringraziare per il loro prezioso ausilio innanzitutto mia moglie Mirella, che ricopre i ruoli di Direttore amministrativo e di Editore, ma soprattutto di impagabile ed insostituibile collaboratrice quotidiana; mia Madre, che à da sempre al mio fianco, sin dai tempi lontani in cui facevo le aste, e che ancor oggi mi à di validissimo aiuto; il Vicedirettore Massimo Seriacopi, collaboratore entusiasta e sempre disponibile; la redazione tutta ed i consulenti; ed infine mio figlio Gianmarco, che a soli sedici anni rivela una straordinaria perizia nella correzione delle bozze. Una sola cosa, in questo anno esaltante, ha funzionato male, anzi non ha funzionato affatto: l'indirizzo di posta elettronica, alla quale invano molti collaboratori, abbonati e lettori si sono rivolti; mi scuso con loro, ma, personalmente, non ne ho colpa alcuna, poiché ho scarsa pratica di computieri e non ero io ad occuparmi della cosa. Questo è il nuovo indirizzo: Al contrario, note molto positive sono rappresentate dalla linea grafica della rivista - che ha ottenuto consensi generali e che è dovuta alla valentìa del signor Giampiero Marzi della Layout Studio -, nonché dall'alta qualità della stampa, effettuata dalla Tipografia Città Nuova, di cui mi avvalgo, con piena soddisfazione, dal 1971. Di grande pregio sono, infine, le preziose impressioni in oro zecchino a caldo ed il bollo a secco raffinatamente eseguiti dalla Tipografia Zauli, specializzata in lavori di questo tipo sin dalla seconda metà dell'Ottocento. Raccomando vivamente ai collaboratori di seguire scrupolosamente le poche norme contenute nell'Avvertenza di pagine 457-58 allo scopo di accelerare al massimo i tempi di lavorazione. Una preghiera finale: io accetto articoli in inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese, e quindi proprio non posso essere tacciato di possedere una mentalità chiusa e grettamente nazionalistica; tuttavia, nei contributi scritti in italiano, per favore, non usatemi vocaboli stranieri, perché non esiste termine che non possa essere adeguatamente tradotto nella nostra bella lingua, che è nostro precipuo dovere salvaguardare e tramandare il più possibile pura alle generazioni future. IL DIRETTORE |