Una discendente di Carlo Magno: Berta di Lotaringia Contessa di Arles, Marchesa di Toscana, Vincenzo Moneta Berta, nata fra l’860 e l’865, era la figlia di Lotario II re di Lotaringia (825-869) e di una nobile di nome Waldrada (friedelfrau o “sposa di gioventù). Prima dell’880, Berta era stata data in matrimonio al conte lorenese Teobaldo che dopo gli sfortunati tentativi di Ugo, anch’egli figlio naturale di Lotario II e quindi fratello di Berta, per la conquista del regno del padre (880-85), aveva dovuto esulare presso il cugino Bosone di Provenza, divenendo conte di Arles. Da queste nozze nacquero quattro figli, destinati a svolgere ruoli importanti nella tormentata storia italiana di quegli anni. Ugo (nato forse nell’881), fu re d’Italia, Bosone, fu marchese di Toscana, Ermengarda, divenne marchesa di Ivrea, avendo sposato Adalberto e Teutberga che andò sposa a Guarniero di Chalons. Il matrimonio di Berta non durò molto per la prematura morte di Teobaldo (di cui non si ha più notizia dopo l’887). Rimasta vedova, Berta passò a seconde nozze con Adalberto II di Toscana, detto il Ricco, trasferendosi nella città di Lucca, allora sede dei Marchesi di Toscana. Berta svolse un’intensa attività politico-diplomatica oltre il contesto italiano ed europeo spingendosi fino alla corte di Baghdad. I marchesi di Toscana presero parte attiva al “marasma” della vita politica italiana di quegli anni, intervenendo nella disputa per l’assegnazione della corona imperiale. Lucca aveva il controllo delle vie di accesso a Roma in particolare il Passo della Cisa, chiamato allora passo di Monte Bardone, e quindi poteva interferire sull’incoronazione imperiale chiudendo il valico all’aspirante alla corona imperiale (è infatti solo il papa, comunque eletto, che può incoronare l’imperatore). SCAMBIO DI AMBASCERIE FRA BERTA
DI TOSCANA ED IL CALIFFO DI BAGHDAD AL-MUKTAFI’ Nell’anno
905 del calendario cristiano e anno 293 dell’Egira, Berta di Toscana
scrisse al califfo di Baghdad al-Muktafì, una lettera su seta bianca
inviata per mezzo di un eunuco . Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso
Dio ti guardi, o re eccellente in autorità e potente in signoria,
da tutti i tuoi nemici, ti assicuri il regno, ti mantenga in salute nel
corpo e nell’anima. Io, Berta figlia di Lotario, regina di tutti
i Franchi, ti saluto, mio signore re. Tra me e il re dell’Ifrìquiya
vi era amicizia, perché io finora non sospettavo che vi fosse sulla
terra un re superiore a lui. Le mie navi essendo uscite presero le navi
del re dell’Ifrìquiya[16] il cui comandante era un eunuco
chiamato Alì : lo feci prigioniero con centocinquanta uomini che
erano con lui su tre navi, e rimasero in mio possesso per sette anni.
Lo trovai intelligente e pronto, ed egli m’informò che tu
sei re sopra tutti i re, e benché molta gente fosse venuta nel
mio regno, nessuno mi aveva detto il vero intorno a te eccetto questo
eunuco che ti porta questa mia lettera. Ho mandato con lui dei doni di
cose che si trovano nel mio paese per tributarti onore e ottenere il tuo
affetto: essi consistono in :cinquanta spade, cinquanta scudi e cinquanta
lance, del tipo in uso presso i Franchi,venti vesti tessute d’oro,
venti eunuchi slavi e venti schiave slave belle e graziose,dieci grandi
cani contro i quali non valgono né fiere né altre bestie,sette
falchi e sette sparvieri, un padiglione di seta[con tutto il suo apparato,venti
vesti di lana prodotta da una conchiglia estratta dal fondo del mare da
queste parti, dai colori cangianti come l’arcobaleno, che cambia
colore a ogni ora del giorno, tre uccelli (del paese dei Franchi) i quali
se vedono cibi e bevande avvelenate gettano uno strido orrendo e battono
le ali, sicché si conosce la cosa, delle perle di vetro che estraggono
senza dolore frecce e punte di lancia, anche se la carne vi sia cresciuta
intorno. Egli mi ha informata che tra te ed il re dei Bizantini che risiede
a Costantinopoli vi è amicizia. Ma io ho signoria più vasta
ed eserciti più numerosi: poiché la mia signoria comprende
ventiquattro regni, ciascuno dei quali ha un linguaggio diverso da quello
del regno che gli è vicino, e nel mio regno sta la città
di Roma la Grande. Dio sia lodato. Mi ha detto di te che le tue cose procedono
bene, riempiendo il mio cuore di soddisfazione, e io chiedo a Dio di aiutarmi
a ottenere la tua amicizia e l’accordo fra noi per quanti anni io
rimanga in vita: che ciò avvenga dipende da te. L’accordo
è cosa che nessuno della mia famiglia, della mia parentela e della
mia stirpe ha mai ricercato, né alcuno mi aveva mai informata intorno
ai tuoi eserciti e all’eccellenza in cui ti trovi come mi ha informato
questo eunuco che ti ho spedito. Or dunque, o signore, sia su te per l’amor
di Dio la salute più grande: scrivimi intorno alla tua salute e
a tutto ciò che più abbisogni nel mio regno e nel mio paese
per mezzo di questo eunuco ‘Alì: non trattenerlo presso di
te, affinché egli possa portarmi la tua risposta: io aspetto il
suo arrivo. L’ho anche incaricato di un segreto che egli ti dirà
quando vedrà il tuo volto e udrà le tue parole, affinché
questo segreto rimanga tra noi, giacché non voglio che ne sia in
possesso alcuno tranne te, me, e questo eunuco. La salute di Dio più
grande sia su te e sui tuoi e possa Iddio umiliare il tuo nemico e farlo
calpestare sotto i tuoi piedi. Salute. Questo cospicuo complesso di doni
ci conferma la presenza di grandi ricchezze alla corte di Lucca e del
soprannome che ne derivava ad Adalberto II di Toscana: “Il Ricco”.
Il motivo per il quale l’ambasciatore Alì si trovava presso
la “regina dei Franchi” era che egli, un eunuco di Ibn al-Aglahab,
signore dell’Ifriquiya, era stato mandato da costui con le sue navi
a compiere una spedizione contro i paesi dei Franchi e le regioni dei
Bizantini ed era caduto prigioniero della “regina”, la quale
se lo era riservato e lo aveva addetto alla propria persona. Rimase sette
anni presso di lei e poi Berta lo mandò a Muktafì con una
lettera scritta nella lingua dei Franchi. La spedizione navale contro
il paese dei Franchi e le regioni dei Bizantini, considerando che le tre
navi saracene erano state catturate sette anni prima dell’invio
dell’ambasciatore, potrebbe essere avvenuta nell’898. Una
piccola flotta mussulmana, ma di navi non mediocri, se erano armate con
almeno cinquanta uomini ciascuna, si era contrapposta alla flotta Toscana.
Questa è, forse, la prima menzione precisa di navi toscane in servizio
di pattugliamento nel Tirreno, anche se facendo parte la Corsica del ducato
di Toscana, si può dedurre che dovesse pur esistere una flotta
per i collegamenti fra isola e continente. Probabilmente fra gli scopi
dell’ambasceria di Berta di Toscana c’era quello di allearsi
con il califfo di Baghdad, sia contro l’emiro di Cordoba, sia contro
l’imperatore bizantino, tradizionali nemici di entrambi. Lo schieramento
antibizantino, poi, era facilitato anche dallo stato incerto dei rapporti
fra Baghdad e Costantinopoli, sempre caratterizzati da una aggressività
reciproca intramezzata da qualche tregua. Il controllo politico su Roma,
esercitato dal marchesato di Toscana opponeva Berta allo spirito egemonico
di Costantinopoli, dato che i basilei non avevano abbandonato le loro
pretese su Roma. Altro importante motivo doveva essere quello di indurre
il califfo di Baghdad ad ordinare all’emiro di Sicilia, suo vassallo,
o di far tregua con la corte di Lucca o comunque di concedere alle navi
toscane degli “aman”, salvacondotti, che le assicurassero
il viaggio a protezione delle incursione delle navi arabe. Il messaggero
Alì, con la lettera di Berta, partì probabilmente dall’Italia
verso la fine del 905 e giunse alla corte di Baghdad fra l’estate
e l’autunno del 906. Fu un viaggio molto lungo, in quanto attraversare
i domini aghlabidi nell’Africa settentrionale e l’Egitto,
che si trovava allora in stato di ribellione, dovette presentare molte
difficoltà. Si presentò a Muktafì mentre questi era
impegnato in una partita di caccia nei dintorni di Samarra . Il governo
richiese qualcuno che potesse tradurre la lettera. Vi era nell’amministrazione
del guardaroba del califfo, coll’eunuco Bishr, un Franco che sapeva
leggere la scrittura di quel popolo; l’eunuco lo fece venire ed
egli lesse la lettera e la tradusse in greco, poi fece venire Ishaq ibn
Hunain che la tradusse dal greco in arabo. Il califfo affidò la
lettera di risposta all’eunuco Alì. La morte, sulla via del
ritorno, del messaggero che recava a Berta la risposta di Muktafì,
alla quale indubbiamente sarebbero dovuti seguire altri scambi di messaggi,
fece cadere nel nulla l’iniziativa della “regina dei Franchi”.
Si chiusero così, intuizioni, speranze, progetti. Nelle trattative per l’incoronazione
imperiale di Berengario la maggiore opposizione venne da Lucca. I marchesi
di Toscana temevano che l’elezione di Berengario portasse ad una
limitazione dell’autonomia della marca Toscana. Il marchese Adalberto
II fece occupare militarmente il Passo di Monte Bardone impedendo il passaggio
di Re Berengario diretto a Roma per essere incoronato imperatore. BERTA REGGENTE DEL POTERE MARCHIONALE Il 17 agosto 915 moriva il marchese di Toscana Adalberto II ed a Berta veniva affidata la reggenza del figlio Guido La morte di Adalberto II, fiero oppositore di Berengario, facilitò al re il raggiungimento del suo sogno imperiale. La via per Roma era libera. La via Francigena, con il punto nevralgico del Passo di Monte Bardone, non poteva essere sbarrata dall’erede di Adalberto II, Guido, che, anzi, dovette riconoscere ufficialmente il re e fargli atto di vassallaggio (probabilmente nel novembre, quando Berengario sostò a Lucca nel suo viaggio verso Roma, per l’incoronazione imperiale), se voleva ottenere l’investitura del marchesato. Guido accompagnò a Roma Berengario, che, nel diploma del 15 dicembre 915, lo menzionò come “filiolus noster”. Nell’anno 915 Berengario I verrà incoronato imperatore dal Papa Giovanni X. PRIMAVERA ANNO 920 La rappresaglia di Berengario
cade sui marchesi di Toscana: Berta ed il figlio Guido vennero tratti
in arresto e tradotti in custodia a Mantova. VERONA 7 APRILE 924 Il re e imperatore Berengario ucciso a tradimento Meno di un mese dopo la distruzione di Pavia, mentre gli Ungari si allontanavano carichi di bottino, Berengario venne trucidato a tradimento mentre, solo e senza scorta, si recava a pregare nel silenzio notturno d’una chiesa veronese. Dopo l’uccisione di Berengario Rodolfo di Borgogna fu incoronato re d’Italia. Berta ed i figli, sempre attivi nella pretesa sulla corona d’Italia per Ugo di Provenza, erano naturalmente contrari a questa incoronazione. Guido di Toscana, figlio di Berta, aveva nel frattempo sposato la patrizia romana Marozia, rimasta da poco vedova di Alberico, marchese di Spoleto. Anche la fazione romana era quindi contraria a Rodolfo di Borgogna, unita alla corte del marchesato lucchese, non solo per l’acquisita e opportuna parentela, ma per gli stessi motivi di potere. 8 MARZO 925 - MUORE BERTA DI TOSCANA Berta morì a Lucca,
l’8 marzo 925, senza aver potuto vedere realizzato quello che era
stato il suo sogno più grande, vedere il figlio Ugo incoronato
Re d’Italia. L’ennesima trama, questa volta contro il re Rodolfo
di Borgogna, si andò tessendo alla corte di Lucca in favore di
Ugo di Provenza. La sua riuscita portò finalmente Ugo sul trono
ambito, ma Berta, la donna che con astuzia, tenacia, ostinazione, aveva
più di chiunque altro lavorato a quel progetto, non ne vedrà
l’esito, poiché Ugo sarà incoronato nel 926, poco
più di un anno dopo la morte della madre . Morì all’età
di circa sessantatre anni, pochi mesi prima che scoppiasse la rivolta
che lei aveva preparato e che portò Ugo alla corona d’Italia.
Vincenzo Moneta |